L’esperienza dell’unita’
prende corpo non nella consapevolezza di sé,
ma dell’altro da sé.
Quando l’attenzione si posa sull’altro
senza condizionamento,
ciò che sorge da quella osservazione
è il canto dell’Uno.
L’apparire molteplice,
il miracolo del differenziato,
esprime in sé il mistero dell’Uno.
L’Uno è un’esperienza
non esite concetto che possa descriverlo.
La vita dell’Uno è muta, è immobile,
si mostra come parola
e come creazione
che lo esprimono
ma non lo contengono.
L’Uno contiene ogni cosa,
lo stare che contiene tutto il movimento,
il silenzio che contiene tutta la parola.
Ti è possibile cogliere quell’essere che,
per un gioco percettivo,
appare come divenire:
se posi lo sguardo oltre
la percezione di movimento
provocata dallo scorrere della consapevolezza
davanti ai fotogrammi,
se guardi nella profondità del fotogramma,
quel mistero ti si dischiude.
Di chi è quella consapevolezza che scorre?
Forse puoi osare dire
che l’Uno osserva l’Uno,
è il suo gesto di consapevolezza.
l’altro
Un’unica mano
Vedo l’infinita
molteplicità delle vite
che si misurano
con l’esistenza.
Incontro persone,
la mia vita si impasta con esse.
Il loro essere è mistero,
un gioco che mi suscita stupore.
Se io fossi io,
loro sarebbero altro da me,
ma non è così.
Né io né loro,
solo questo accadere di fotogrammi
pieni di meraviglia,
gesti di un’unica mano.
Non dovremmo
Non vorremmo arrecare offesa,
non dovremmo.
Non c’è giustificazione
per un dolore inferto,
ma accade
e ci macera.
Da lì ripartiamo,
sapendo che qualunque gesto,
qualunque respiro
ha comunque una risonanza
nell’altro da noi.
I tuoi occhi
Nella consapevolezza
della vastità del tuo limite,
la possibilità di trattare
l’altro ed ogni cosa
attorno a te
come fossero i tuoi occhi.