Dai mondi invisibili, Cerchio Firenze 77, Edizioni Mediterranee, Indice del libro

Vadano queste parole là dove sono attese, e mai mente umana possa servirsi di esse per fine egoistico, acciocchè esse rendano gloria solo all’Esistente.
Là dove è discordia, esse portino unione. Là dove è incomprensione, esse siano il nuovo idioma per una perfetta, reciproca intesa. Chi le ha udite ne è contagiato e mai potrà dimenticarle. Suoneranno come un’accusa o come un plauso, eppure la realtà che esse esprimono non conosce né premio né castigo.
Passa l’uomo col tempo, ma la Realtà eternamente rimane. Muta l’uomo nello spazio, ma la Realtà sempre, dovunque, vige. Così queste parole, indegna Sua veste, sono valide per ogni uomo; il tempo non le farà invecchiare e voi fratelli che ne siete i depositari, abbiate ultimo insegnamento:
“Amatevi gli uni agli altri, perché solo così gli uomini comprenderanno che qua non vi è sfruttamento. Non vi sono né massimi, né minimi”.
E a chi dirà: – Io sono colui che ha detto queste parole – non credete; esse non sono di alcuno.
Erano prima che l’uomo fosse.
Kempis

ENTITÀ COMUNICANTI E LORO MESSAGGI

Cap. 9. Dalì

10. Claudio

11. Teresa

12. Kempis

13. Il Fratello Orientale

L’INSEGNAMENTO

Cap. 14. I piani di esistenza

15. Evoluzione

16. Libertà

17. La manifestazione

18. L’Assoluto

Unione creativa, di Eva Pierrakos, Edizioni Crisalide, Indice del libro

Introduzione

PARTE PRIMA: PRINCIPI COSMICI E CONCETTI PSICOLOGIGI

Introduzione alla Parte Prima

1  Il rapporto
Il piano evolutivo
Il rapporto con tutte le cose e tutti gli esseri
La capacità di stabilire un rapporto dipendente dal livello di coscienza.
Il desiderio di varietà
La manipolazione
Il danno delle aspettative inconsce

2  I principi maschile e femminile nel processo creativo
Il funzionamento dei due principi fondamentali
Il principio maschile
Il principio femminile
Distorsione delle energie creative maschili e femminili
L’interazione armoniosa
Il ruolo dei due principi
L’equilibrio dei due principi nell’individuo

3  Amore eros e sesso
Il significato spirituale dell’eros
La differenza fra eros e amore
La paura dell’eros e dell’amore
La forza della sessualità
Il rapporto d’amore ideale
La ricerca dell’altra anima
La trappola del matrimonio
Il vero matrimonio
Isolamento
La scelta del partner
Eros come ponte

4  Il significato spirituale delle relazioni
Non tutti gli aspetti della coscienza sono sviluppati allo stesso modo
Elementi di disaccordo e unità
Soddisfazione come metro dello sviluppo personale
Chi è responsabile del rapporto?
Interazioni distruttive
Come raggiungere la soddisfazione ed il piacere

5  Mutualità: Principio e legge cosmica
La  mutualità come ponte
Cosa impedisce la mutualità tra gli essere umani?
Chiavi per il lavoro interiore

PARTE SECONDA: COME SCOPRIRE E SUPERARE GLI OSTACOLI CHE IMPEDISCONO UN RAPPORTO COMPLETO

Introduzione  alla Parte Seconda

6  Il desiderio di infelicità e la paura d’amare
Il desiderio di dominio onnipotente
Il rifiuto della responsabilità personale
Il giusto concetto d’amore
Il desiderio d’infelicità

7  Il giusto desiderio di essere amati
La vergogna del desiderio
Sostituzione dell’amore con l’approvazione
Costringere gli altri ad amarti
La disponibilità di amare

8  Oggettività e soggettività nei rapporti
Concentrarsi sulle colpe degli altri
Misure difensive: la severità e l’idealizzazione
Come evitare una crisi di risveglio
La scoperta della mente infantile
Mettere a fuoco la propria visione

9   La tendenza a ricreare i conflitti infantili
La carenza di amore maturo
Tentativi di sanare in età adulta le ferite infantili
La fallacia della strategia
Riprovare il dolore infantile
Come evitare di ricreare le situazioni infantili

10  Attaccamento  dell’energia vitale alle situazioni negative
La combinazione di piacere e crudeltà
L’evoluzione e la trasformazione interiore
Il “matrimonio” fra corrente del piacere e la negatività
La fantasia e la realtà possono coesistere
Due tipi di sensi di colpa
I sensi di colpa riguardo alla sessualità
In quali casi è giustificato sentirsi in colpa?

11  Vita, amore, morte
Il grande ignoto
Tre ostacoli all’esperienza personale
Perché non c’è un’istinto di morte
La chiave sta nella scoperta di se stessi
L’eterno ora

12  Dalle interazioni negative inconsce alla scoperta dell’amore
Il biasimo e le accuse
Interazioni inconsce
Nella realtà ultima non vi sono divisioni
Gli effetti positivi dell’onestà
L’espansione della coscienza
L’amore è la chiave
Una sana rabbia può essere un’espressione d’amore

PARTE TERZA: LE RELAZIONI NELL’ERA DELLA COSCIENZA ESPANSA

Introduzione alla Parte Terza

13  Fusione: Il significato Spirituale della Sessualità
La fusione fisica, emotiva, mentale e spirituale
La sessualità rispecchia i problemi dell’anima
Vi è conflitto fra spiritualità e sessualità
L’origine dei sensi di colpa
La fusione totale

14  Il nuovo uomo e la nuova donna
Un’analisi storica
Cosa si nasconde dietro gli stereotipi?
La donna pienamente autonoma
L’uomo pienamente autonomo
Siamo in un’era di cambiamenti
Lavoro e rapporti

15  Il nuovo matrimonio
Il matrimonio nel tempo
Paura dell’intensità sella corrente unificata
Verso l’estasi mistica
Un grande salto nella coscienza collettiva
Lo scopo ultimo
Il nuovo matrimonio: fusione e trasparenza

Note al testo

Elenco delle Lezioni della Guida

Maestro perchè? Cerchio Firenze 77, Edizioni Mediterranee, Indice degli argomenti trattati

Indice del libro (pagina in lavorazione)

Il presente interiore
1-Oltre la vita, oltre la morte
2-La ruota delle nascite e delle morti
3-La legge del karma
4-L’evoluzione e il suo fine

La prima chiave
Conosci te stesso

Il presente esteriore
1-La vita del sentire
2-I poteri della mente
3-I segreti del sole e della terra

La seconda chiave
Scienze e magie

Il presente ulteriore
1-Il maestro e il suo insegnamento
2-Le religioni dell’uomo
3-Il ritorno del cristo

Indice degli argomenti trattati

Il Presente interiore
Oltre la vita, oltre la morte
Che cosa si intende per evoluzione dopo il trapasso. 23
Che cosa accade, a vari livelli di evoluzione, nei piani più sottili dell’essere? 24
Come vi si svolge l’esistenza? 25
Nei piani dei esistenza oltre quello fisico quali sono i rapporti tra gli esseri: come comunicano? 28
Il tempo oltre la vita umana. I suoni astrali. 30
Su uno spirito guida che nel piano astrale aiuterebbe il trapassato a capire. 30
Sulla fisicità dei disincarnati e sul modo di riconoscersi tra loro. 31
Immagini e forme del piano astrale. 33
Se i colori esistono nelle altre dimensioni d’esistenza. 34
Rapporto tra il tempo-spazio fisico e quello astrale. 35
Come nasce il tempo spazio. 37
Cosa deve intendersi per altre dimensioni in senso di stato e di spazio. 38
Il primo impatto col piano astrale. Gli spiriti elementari del piano astrale: che cosa sono? 39
Sugli automatismi che presiedono all’esistenza degli uomini. 40
Le silfidi e gli gnomi. Glia ngeli e gli arcangeli. Esistono realmente? 40
Le intelligenze planetarie e stellari. 42
Gli spiriti elementari artificiali. 43

La ruota delle nascite e delle morti
Il perché della morte in questo disegno generale che è tutto ordine, equilibrio e logica. 45
Perchè l’uomo ha paura della morte? 46
Come si abbandona il piano fisico. 47
Come nasce la paura della morte? 47
Anche il suicidio è fissato? 48
Sulla scelta tra cremazione e sepoltura. se sono atti d’amore verso i defunti. 50
Quale vita rimane ed anima il corpo fisico di chi è trapassato? 51
Nei casi di arresto cardiaco e di morte apparente, che cosa accade all’individuo? 51
Sul come e il sentirsi di esistere. Cosa accade a chi è in coma o in altre situazioni di assenza. 52
Perchè deve esistere la morte del corpo fisico, del corpo astrale, del corpo mentale? 53
L’invecchiare, il morire, sono essenziali per l’evoluzione? 53
Quali sono i confini e le diverse funzioni del corpo eterico e del corpo astrale. 54
Fuochi fatui, materializzazioni, guasti eterici. 55
Sui cosiddetti gusci astrali. Cosa accade al corpo astrale dopo che si è staccato dal corpo fisico. 56
Se nell’aldilà si ritrovano le persone care. 57
Cosa avviene all’entità nel momento di reincarnarsi. Può scegliere? Vede la sua prossima incarnazione? 57
La nascita come contatto. 58
Sul significato del desiderio di reincarnarsi. 60
Se si sceglie come e dove reincarnarsi. 60
Sulla falsa cognizione della scelta reincarnativa. 60
Se c’è un intervallo di tempo medio tra le incarnazioni. 60
Reincarnazione e coscienza. 61
Può accadere che nello spazio tra due incarnazioni un essere tema il ritorno, che non desideri reincarnarsi? 61
La nascita che cosa è e che cosa determina? 62
Fino a che punto vige la legge dell’oblio? 63
Sulla reminiscenza di incarnazioni passate. 64
Si può rivivere una incarnazione precedente? 64
Perchè alcune persone sentono una particolare attrazione verso un determinato periodo storico? 65
Vite di attività, vite di espiazione. 65
Sull’incarnazione e la reminiscenza. In quali condizioni il ricorso di precedenti esperienze può essere recuperato. 66
Che cosa significa che due persone, incontrandosi, si riconoscono? 67
Perchè non si può conoscere il proprio futuro. 67
Come partecipare agli altri la fede nela sopravvivenza. 67
Sulla meccanica della legge di causa e di effetto e, quindi, della reincarnazione. 68
Chi è il vero soggetto della reincarnazione. 70

Le legge del karma
Sul vero significato del karma. Se è vero che cessa una volta che se ne è compresa la motivazione. 71
Il karma come privazione. 72
La meccanica della legge di causa ed effetto. 73
Il principio e il fine del karma. 74
La legge della misericordia e dell’amore. 75
Sull’analogia tra la legge di causa ed effetto, o karma, applicata all’uomo e quella che vige nei regni vegetale o animale. 75
Il karma non ha memoria. 77
Sul karma e il bilancio per la caduta di una limitazione. 77
Che cosa sono e limitazioni? 78
Un caso di karma collettivo. 80
Come reagire alla minaccia costante di nuove guerre? 80
I tanti fili del karma. 81
Un esempio di karma collettivo: gli ebrei. 82
Sul valore del proprio libero arbitrio riguardo agli altri. 82
Sull’incastro-se tutto è ordine ed equilibrio-tra la libertà e la responsabilità di un tiranno e l’impossibilità, per milioni di persone, di non subire la sua presenza. 83§
L’evoluzione del karma. 83
Sul karma fisicamente doloroso. 84
La funzione del dolore. 84
Può sembrare che il dolore, anzichè far evolvere, talora faccia regredire l’individuo. 85
Se una lunga agonia aiuta l’evoluzione. 85
Le leggi cosmiche e l’identificazione con l’assoluto. 85
Sul perché delle esperienze di limitazioni fisiche, di menomazioni gravi, come del senso della vista. 86
Perchè certe creature nascono ebeti, dementi, inespressive. 86
Sul significato karmico della morte dei bambini. 88
Sulle creature che nascono mostruose: perchè? 88
Che cosa significa, riguardo a un karma doloroso, capire e quindi arrivare a superarlo. Capire che cosa? 88
Il giusto e l’ingiusto. 89
Se può succedere che il karma possa cessare, durante la vita stessa, quando lo si è compreso. 89
Se è possibile agire senza muovere cause. 89
Se il sapere perchè si sta vivendo una data esperienza può essere d’aiuto. 90
Se un uomo all’ultima incarnazione muove delle cause: come e dove ne subirà gli effetti? 90
Sulla possibilità di essere completamente ignari, in una prossima incarnazione, di questo insegnamento. 91
Se l’individuo muove delle cause anche dopo il trapasso. 92
Libero arbitrio e necessità: questo è l’antico dilemma dell’uomo. Dov’è la libertà? 92
Che cosa si intende per variante: solo il salto di qualità. 93

L’evoluzione e il suo fine
Cosa si deve intendere per evoluzione degli esseri? 95
L’atomo di sentire. 96
Se sono di natura diversa l’evoluzione della forma delle specie naturali e l’evoluzione dell’autocoscienza umana. 96
Se gli animali soffrono come l’uomo. Anche per loro il dolore è uno strumento di evoluzione? 97
Se anche gli animali hanno una coscienza. 98
Se è vera l’evoluzione, perchè certi comportamenti degli animali sono più altruistici e umanitari di certi comportamenti degli uomini? 99
Che cosa si deve intendere per coscienza? 100
Se l’evoluzione avviene anche altrove e altrimenti che sul piano fisico. 101
Se in altre galassie, in altri pianeti, gli esseri evolvono analogamente agli uomini. 102
Se è possibile, come taluni affermano, che l’evoluzione avvenga anche senza il bisogno di incarnarsi sulla terra. 102
L’evoluzione è per forza di cose dolorosa? 104
Sull’uomo moderno e sull’uomo antico, così diversi nell’esperienza e nella lunghezza della vita. 105
E’ difficile constatare che dall’inizio dei tempi ad oggi c’è veramente stata una continua evoluzione nella condotta e nella coscienza degli uomini. Anzi, giudicando da questo mondo, si può parlare di regresso. 105
Se  una grande intelligenza è sempre indice di evoluzione. Le grandi conversioni (facciamo il caso di S .Francesco) indicano che quell’uomo è all’ultima sua incarnazione? 107
Se un genio sia necessariamente un essere evoluto. 108
Sul rapporto tra evoluzione e scienza. Il ruolo dell’elettronica e dei nuovi giocattoli. 109
Sull’attuale predominanza degli anziani nel mondo occidentale. L’umanità invecchia? 110
Se un giorno la scienza allungherà la vita dell’uomo. 110
se tutto è già in un eterno presente, se il disegno generale è già tracciato, qual’è il senso e il significato dell’evoluzione? 111
Il significato del sentire di cui parlano i maestri. 112
Sul rapporto tra percezione e coscienza. 113
Se la realtà è sentire, quale comunicazione c’è tra gli uomini.  115
La divina sostanza indiversificata. 115
Sulle tre grandi ere evolutive: del padre o della potenza, del figlio o dell’amore, dello spirito santo o della sapienza. Perchè l’era del padre è detta della potenza? 117

La prima chiave: conosci te stesso
Come esercitare la consapevolezza. 121
Sulla meditazione e l’analisi di se stessi. 122
Autonsapevolezza e inconscio: Come sboccia il fiore della comprensione? 123
L’inconscio e la coscienza. 123
L’autoconoscenza per un mondo migliore. 124
Come costruire una società migliore. 124
E’ solo soffocando l’io, non lasciandolo mai prevalere, che si apre la porta della coscienza, del vero essere? 125
Sul dubbio, dopo aver fatto certe scelte, se la motivazione sia stata egoistica o meno. 126
Il significato di vivere spiritualmente. 127
Sul fatto che l’uomo si idealizza e poi scopre con rammarico di non essere quello. 127
I limiti della saggezza.  128
Sul tenere un diario.  128
L’autoconoscenza come sola realtà.  129

Il presente esteriore
La vita del sentire

Sul ruolo della ricerca culturale e dell’arte per l’uomo occidentale.  133
Sul desiderio, sull’anelito alla bellezza. Come nasce? In che senso è positivo?  135
Sulle grandi differenze sul piano culturale, e morale, tra epoche storiche una successiva all’altra.  136
Come possiamo restare inattivi di fronte alla tragicità degli avvenimenti mondiali, e cosa possiamo fare.  137
Perché è più importante l’intenzione dell’azione. Fare il “male”, allora, in che cosa veramente consiste?  138
Sui modi e i limiti dell’aiutare gli altri.  139
Come si difende l’evoluto da questi divoratori?  139
Chi preferibilmente frequentare. 140
Se le droghe possono favorire certi particolari stati di coscienza.  140
Cosa fa vincere tutte le avversità della vita.  141
I maestri parlano di contagio psichico. Che cosa significa?  142
Per quelli che hanno perduto una persona molto cara.  144
Come accostare le persone che soffrono.  145
La liberazione dal dolore.  145

L’altro da sé, capitolo 9 del libro Conoscenza di sé, meditazione, contemplazione

G: Ho pensato molto a quello che hai detto l’altra volta, che in fondo abbiamo sempre un occhio alla relazione con l’altro, è verissimo; inoltre sull’altro proiettiamo sempre, non lo vediamo mai per quel che è.
R: Dovessi dire qual è il vero maestro della via interiore, senza dubbio direi che è l’altro da noi.
G: Anche un altro inconsapevole?
R: Un altro qualsiasi. Non tutti hanno la possibilità di incontrare un cosiddetto maestro, non tutti possono entrare in una dinamica cosciente con il maestro interiore, la maggior parte impara attraverso il maestro esteriore che è l’altro, indipendentemente dal fatto che sia consapevole del proprio ruolo.
L’altro porta due cose nella nostra esistenza: innanzitutto porta se stesso, in secondo luogo porta lo specchio di noi. Ripeto, qui parliamo di una persona della via interiore avvezza a vedersi e ad interrogarsi; in quest’ottica, quando l’altro si presenta porta sempre un elemento di crisi, l’ingresso in una instabilità di qualche natura: la mente emette dei giudizi – il primo dei quali è relativo ad un moto di simpatia o di antipatia – ed altri derivanti dalle esperienze che abbiamo vissuto nel passato con quella o con altre persone; a questo si aggiungono le aspettative che si hanno in relazione a quell’incontro.
Innanzitutto l’altro porta se stesso e questo è un aspetto tutt’altro che scontato: l’altro si presenta a te, tu lo vedi, lo osservi in relazione a tutto il tuo mondo interiore e che cosa vedi davanti a te?
Quanto è vasta la tua comprensione della sua rappresentazione? L’altro si presenta e noi abbiamo una pretesa, quale?
Quella di saperlo leggere, quella di comprendere chi è. Questa è la prima delle pretese, ma quello che abbiamo davanti e che si presenta con quella rappresentazione tenera, o aggressiva, o ambigua, quanto di quello che lui è, possiamo effettivamente conoscere?
G: Quello che ci siamo permessi di conoscere di noi, e poi quello che riusciamo a vedere da un lato non giudicante.
R: Tu vedi la piccola rappresentazione che l’altro sta mettendo in atto di fronte a te, e cosa ne sai di tutte le altre rappresentazioni che mette in atto di fronte a soggetti diversi, e cosa ne sai delle rappresentazioni di quando è solo, e cosa sai di tutto quello, vastissimo, che non giunge nemmeno a rappresentazione, ma rimane nel subconscio o addirittura nell’inconscio?
G: Non conosciamo noi stessi fino in fondo, potremo conoscere l’altro?
R: Ma tu guarda invece la pretesa, guarda come sentenziamo: “Ma perché sei così, ma perché sei cosà!” Ci vengono mostrati alcuni aspetti e la nostra mente li cataloga, li organizza e si forma una immagine; su quella mette una bella etichetta e dice: “Tu sei così”. Se ho la possibilità di vederti più volte, ti osservo in diverse manifestazioni e ho già il mio piccolo scaffale dedicato a te, dove c’è quel modo, quell’altro modo, e il tutto compone un puzzle che mi rivela la tua immagine: nella mia visione tu sei così.
In verità noi non sappiamo quasi niente dell’altro, come non sappiamo quasi niente di noi stessi. Abbiamo detto, nelle sedute passate, che l’identità non è altro che una costruzione arbitraria dove vengono assemblati pensiero, emozione ed azione e ricondotti ad un filo di coerenza, in realtà inesistente.
Come lo facciamo per noi, allo stesso modo lo facciamo per l’altro, lo riduciamo ad una certa interpretazione; in verità non sappiamo quasi niente ma lo interpretiamo sulla base dei nostri paradigmi interiori, lo etichettiamo e lo fissiamo in un’immagine.
G: E’ chiaro che lo possiamo fare con delle persone che non si permettono di essere fuori da una omologazione..
R: Guarda, io sono con mia moglie da trentaquattro anni e devo ammettere che per me è un mistero; quello che vedo è la superficie, la crosta; io vedo comportamenti, modi, pensieri che mi possono piacere o mi possono disturbare, ma se debbo essere impietoso nella valutazione del mio sguardo, nell’ammettere quello che conosco, debbo arrendermi al mistero, perché quello che so è come l’ultima neve caduta sulla banchisa polare. Quel che vedo è trascurabile, ho la forte, irriducibile sensazione del mistero che mi si presenta e che mi chiede di piegarmi, non di spiegare, non di capire, ma di piegarmi.
Quando io non la guardo più con gli occhi della mente, del giudizio, della simpatia o dell’antipatia, di quello che mi racconto, non rimane niente e affiora il mistero. Questa è l’incredibile e irriducibile realtà dell’altro e di noi. Noi non sappiamo niente, proferiamo sciocchezze, banalità, superficialità che, quando la mente tace, ci producono solo vergogna del nostro sproloquiare e vorremmo sotterrarci perché abbiamo detto questo e quello, ma nel farlo abbiamo parlato di noi, non dell’altro.
Chi è questa persona, oltre la piccola rappresentazione che accade davanti a me e che interpreto? Chi è? Un mondo sconfinato di cui non ho la minima idea. Adesso, alla luce di quello che ho compreso in questi anni, se mai mi ponessi la domanda sul chi è questa persona, dovrei rispondere: nessuno, è un non-essere.
Come quando guardo me e dico: “Chi è questo?” Siamo seri, non c’è nessun “chi”!
A questo livello, dunque, una risposta ce l’ho, ma se mi debbo fermare prima di questa comprensione, debbo riconoscere che quest’altro da me è un mistero; ti guardo, posso tentare delle approssimazioni, ma mi fanno sorridere rispetto alla complessità, alla vastità, alla coerenza e all’incoerenza, al guazzabuglio e al giardino fiorito: che cosa ne so?
Se tu sei niente altro che interpretazione di te, se io sono niente altro che interpretazione di me se, dal mio punto di vista, tu non sei niente altro che mia interpretazione, se tutto non è niente altro che interpretazione, di che cosa parliamo! C’è solo mistero, c’è solo non sapere, c’è solo una grande incognita che domina tutto quanto.
Fino a qui mi interessava sottolineare il limite del primo approccio con l’altro da sé, ora andiamo più a fondo. L’altro con la sua modalità, abbiamo detto, non corrisponde mai alla mia aspettativa ma non solo, mentre si presenta, in me scattano tutta una serie di giudizi e di meccanismi che mi svelano, che parlano di me; quindi il solo presentarsi dell’altro sulla scena rompe un equilibrio, perché invece di confermarmi, mi attiva processi che conducono, attraverso la consapevolezza che ho di me, a subire uno scacco.
L’altro non sta mai dentro al riquadro che io gli ho tracciato, non corrisponde mai alla mia aspettativa, né si lascia inquadrare dal mio giudizio; l’altro introduce sempre una variabile che esce fuori dagli schemi e costantemente mi spiazza: dimmi se non è vero? Tutti i giorni: dal giornalaio che ti risponde così piuttosto che cosà, al tuo compagno che nei piccoli, mille momenti della routine domestica ti spiazza e non è come tu lo avresti voluto. Naturalmente l’altro ti sorprende anche in tanti modi che ti piacciono o ti seducono ma, invariabilmente, la sua presenza  introduce la rottura di un equilibrio e questo per la semplice ragione che il cosiddetto equilibrio comunemente sperimentato non è che un artefatto della mente.
Per la persona della via l’altro è qualcuno che ti costringe costantemente a vederti e ti dice: “Ti vedi nel tuo giudizio? Ti vedi nella tua aspettativa? Ti vedi in quell’etichetta, in quella pretesa?” Formidabile, sfibrante.
G: Insopportabile.
R: Dalla mattina alla sera, l’altro è lì come un tarlo che ti rode e non ti lascia mai in pace; ma, attenta, è l’altro o è quello che la tua mente recita sull’altro che ti si ritorce contro, se sai vederti? Se tu sei consapevole vedi come la tua mente ronza, come mastica sassi, come sferraglia, la vedi e dici: “Dio mio, guarda come in continuazione questa si eccita e in che incubo finisco!”
Quindi l’altro è un pretesto perché la mente si ecciti e faccia tutto il suo lavoro di macinatrice di sassi; sei mai stata in un frantoio, hai sentito il rumore?
Per una persona della via la cosa fondamentale è vedere i propri meccanismi; non possiamo cambiare la mente se non in modo relativo, ma possiamo vederla e dubitare, non accreditarla e disconnettere. Non possiamo cambiarla attivamente perché più ci sforziamo e più l’accreditiamo, più le prestiamo attenzione e più la legittimiamo, anche sofisticandola la confermiamo: possiamo vederla e pian piano imparare a non darle peso.
In quest’ottica ecco la funzione dell’altro come colui che ti scatena la mente; più è prossimo, più c’è un rapporto complice e più te la scatena; più è lontano e meno efficace è la sua azione. Più è genitore, figlio, compagno, amante e più te la scatena, ecco perché è importante un rapporto stretto, che abbia delle complicità, una condivisione del tempo routinario, un orizzonte su cui misurarsi.
G: Il fatto che io abbia chiuso questo rapporto in fondo è perché non sopporto la prossimità.
R: Bisogna vedere tante cose perché non è che si possa stare con tutti quanti, né siamo così masochisti da reggere situazioni distorte che ci fanno male o ci fanno veramente sbarellare. Come principio noi sappiamo che l’altro introduce nella nostra esistenza un elemento di crisi e qui dobbiamo ancora una volta sottolineare l’importanza fondamentale della crisi: la crisi che cos’è?
G: E’ un qualcosa che rompe la maglia della mente: ti vedi o fai finta che sia colpa sempre dell’altro?
R: La pratica nostra, corrente, è di puntare il dito sull’altro e di metterci nel ruolo di vittima, invece si tratta di sviluppare questa disponibilità ad entrare in crisi, a dire: “Ma non posso continuare questo gioco di puntare il dito sull’altro e di piangermi addosso!” Questo lo può fare uno che non ha nemmeno i rudimenti della via, ma io posso dirmi: “Tu che cosa porti nella mia esistenza? Perché mi dai tanto fastidio, mi irriti così tanto? La sola tua presenza parla di me, della mia intolleranza, della mia arroganza, della mia fragilità.”
La persona questo lo vede e può dire: “Perbacco, nel momento in cui ti presenti a me veramente mi metti in scacco!”
L’altro parla di te per un lunghissimo tratto di strada poi, ad un certo punto del cammino, non è più così, dopo ne parleremo, ma fino a quel punto è un pungiglione che non ti dà pace. Ti è mai capitato che quando esci di qui, magari dopo aver discusso un certo argomento, ti capitano delle scene che esplicitano l’argomento trattato? Ti si presenta una specie di laboratorio dove hai la possibilità di vivere il processo che hai affrontato concettualmente; la vita costantemente ci presenta laboratori dove possiamo lavorare noi stessi e le scene che accadono sono funzionali a processi interiori di trasformazione, ma ogni trasformazione può avvenire solo grazie all’incontro con l’altro da sé.
Noi siamo nel lamento continuo, tutto va storto o non va nel senso da noi desiderato, e abbiamo da ridire dalla mattina alla sera di ogni aspetto della vita che si presenta; osserva come ciascuno di noi costruisce una piccola torre dentro cui si arrocca, ed edifica un equilibrio fragilissimo che sembra minacciato dal mondo carogna che incombe e, in questo, temiamo l’incontro con l’altro come uno dei maggiori fattori di destabilizzazione.
G: Se posso fare un esempio, ieri nel treno, quasi vuoto, ero in uno scompartimento con altre persone; una donna molto bella, una insegnante universitaria credo, si mette davanti al nostro scompartimento, con la porta aperta, davanti a queste persone che stavano in silenzio o leggevano e comincia una telefonata senza fine, ad alta voce, in cui raccontava banalità. Dopo di un po’ abbiamo cominciato a scalpitare e io sinceramente ho sbuffato; avevo a fianco un signore simpaticissimo di una sessantina d’anni, che ha detto: “Ma non la trova divertente?” Lì ho capito, ho cominciato a rilassarmi e ho detto: “No, non la trovo divertente”.
Lui ha cominciato un discorso bellissimo, per cui ci siamo divertiti un sacco per un’ora, lei ha continuato a urlare, ma noi semplicemente ci siamo focalizzati su altro senza alimentare la protesta delle nostre menti.
R: Allora, tu hai avuto due “altri” da te: hai avuto lei che con il suo comportamento ha parlato di te. Perché ha parlato di te? Perché ha provocato la protesta e l’identificazione conseguente della tua mente, anche legittima, perché una così è difficile reggerla. Poi c’è il sessantenne che ti ha proposto una lettura diversa in modo che tu potessi disconnettere da quello che sorgeva nella tua mente e ti ha detto: “Stai prendendo sul serio la reazione della tua mente, non ci stai ridendo, perché non ci ridi invece di ingrugnirti?” Lui in realtà t’ha detto di sorridere di lei ma noi nel nostro linguaggio sappiamo che quello di cui dobbiamo sorridere è della reazione della nostra mente che finisce per enfatizzare il dato che la disturba. E’ un po’ come quando è caldo, se cominci a lamentarti e a protestare il caldo ti diventa insopportabile; se posi l’attenzione altrove, rimane caldo, ma non più di tanto.
Se vedi il movimento della mente puoi dire: “Sto dando craniate contro la realtà invece di danzarci assieme! Se mi oppongo l’intensità della scena aumenta perché è maggiore la credibilità che do al recitato della mente, quindi la scena non può che amplificarsi; in alternativa posso imparare a sorridere della sua reazione, questo la svelerà, la metterà in brache di tela e perderà significato”.
Tu pensa, ad esempio, quante volte ti trovi di fronte una persona che ti suscita antipatia e rimani ferma a quella prima impressione e non lasci che la situazione evolva e che quella persona ti possa mostrare altri volti di sé; se noi vedessimo il giudizio che la mente esprime e lo lasciassimo andare permetteremmo alla realtà di svilupparsi diversamente, lasciando che possano manifestarsi dei fotogrammi diversi o alternativi.
Quando l’altro si presenta la mente si attiva: riceve uno stimolo e sulla base di quello inizia a vibrare e più lo stimolo è forte più la vibrazione è forte; quindi si tratta di riconoscerla nel suo essere meccanismo eccitatorio, non un tempio, solo un banalissimo meccanismo eccitatorio, e dirle: “Che cosa stai facendo? Non mi interessa quello che stai facendo, dell’altro sottolinei l’antipatia che suscita ma con questo veli il tanto altro che può essere!”
Nel momento in cui mi pongo queste domande, dubito della mente. Allora, è vero che il primo moto è di antipatia, ma dopo averne preso atto – perché non è che debbo respingerlo, debbo accoglierlo – se vedo ciò che sta accadendo alzo lo sguardo su altre visioni e su ben più complesse comprensioni.
L’osservazione di quell’uomo di fianco a te ti ha permesso di distoglierti da quel battere a martello della tua mente; lui ti ha permesso di guardare alla scena da un altro punto di vista.
Tu dimmi se è possibile conoscere se stessi senza l’altro, intendendo per l’altro non soltanto l’umano ma anche l’animale, la natura, il tempo atmosferico, tutto ciò che si presenta alla nostra attenzione. Il nostro corpo è l’altro: pensa quanto ci spiazzano tutta la dimensione del corpo e dell’energia nella loro manifestazione sessuale, quale disorientamento producono nelle nostre menti e quanto è importante quel disorientamento, quanti paletti abbatte.
Guarda cosa la mente recita in merito alla sessualità e come poi il corpo e l’energia abbattono le barriere e come l’altro con la sua presenza, con la sua sensualità, collabora all’abbattimento dei paletti e conduce ad una messa in crisi della mente e del suo modo di interpretare la realtà, di raffigurarsi la realtà: la sessualità è questo, il corpo è questo, l’amore è questo. Poi, invece, arriva l’altro e il tuo corpo si muove e esce dagli argini e la mente viene scompaginata; guarda all’importanza fondamentale del corpo e della sessualità come a quel qualcosa che crea veramente un disordine, una perdita di riferimento.
Oppure il corpo che parla attraverso la malattia, quanto ci mette in crisi?
Tu prova a considerare il corpo come l’altro che non fa il giudizioso, che rompe le regole perché magari ha delle esigenze che ritiene impellenti e richiede soddisfazione.
G: Non gli frega di quello che dice la mente.
R: Dietro c’è sempre la mente però ad un certo punto lei diventa tangibilmente corpo e dice: “Qui bisogna soddisfare una certa cosa e quindi per piacere vediamo un po’!”
G: Che sei fidanzata o no..
R: Comprendi quanto è interessante questa cosa? Poi una cosa è essere in balia di questo e un’altra è vederlo e ricondurlo ad una gestione, in mancanza della quale le cose possono complicarsi, a volte; inoltre considera che il corpo ha un’autonomia relativa rispetto alla mente perché non è altro che una sua rappresentazione.
Tu pensa al corpo che si ammala; la mente ha la pretesa di una vita serena, senza scossoni, e invece ad un certo punto il veicolo gli si ammala, pensa quanto la mette in crisi. Pensa alla persona che viene colpita da un tumore e che ad un certo punto vede che la possibilità di sopravvivere è messa in dubbio, pensa quanto la mente viene scardinata.
Oppure la persona che viene colpita da un lutto, la morte di qualcuno vicino, pensa quanto viene provata.
Il singolo evento è il comparire dell’altro sulla scena della tua vita, l’altro che chiamiamo tumore, o perdita o altro; nel momento in cui compare inizia un processo, dobbiamo essere attenti a leggere il processo, non il singolo fatto avulso dal processo, perché se leggiamo il singolo fatto non possiamo comprendere che cosa sta accadendo nelle nostre esistenze. Se leggiamo il processo quei fatti acquisiscono un altro significato: l’altro nella forma del tumore, della malattia, della perdita, si presenta e rompe un ordine; ti costringe in una strettoia che è caos e crisi.
Sempre la crisi rompe un ordine e da questa sorgerà un nuovo ordine più sofisticato che verrà a sua volta rotto. L’ammalarsi del corpo, per tutte le implicazioni che comporta, è veramente formidabile come messa in scacco della persona.
G: Ma perché la necessità dello scacco? Più rifiuti di vederti e più sopraggiunge lo scacco?
R: Quella messa in scacco è vero o no che produce uno sguardo differente da quello che avevi prima? E’ vero o no che attiva un processo di interrogazione, di revisione, di trasformazione, di comprensione?
G: Racconta di suoi amici che hanno avuto una figlia disabile: gente di successo che gira il mondo, molto attenta alla affermazione di sé..
R: Nella vita di queste persone ad un certo punto arriva uno stop, nella forma di quest’esserino che si presenta e dice: “Io ho un problema”, e loro sono costretti a fare i conti, non solo col problema dell’esserino, ma con tutto ciò che avevano pensato di sé e della loro esistenza; loro sono messi con le spalle al muro, questo è molto interessante. Può nascere qualcosa o non può nascere niente, a noi non ci riguarda perché questa è la loro storia, quello che invece ci riguarda è l’insegnamento in merito a ciò che l’altro porta nelle nostre vite.
L’altro è veramente collaboratore efficace in tutte le sue manifestazioni di conferma o di smentita, ma quando, in vari modi ci manda in crisi, la sua funzione assume una pregnanza particolare; allora, quel bel partner lì, che ti accarezza, che dice sempre di sì, che è sempre presente e confermante non è detto che sia il migliore dei collaboratori possibili; forse quell’altro che è come carta vetrata..
Guarda la via interiore e la figura del “buon amico”, chi è costui? E’ qualcuno che ti mette di fronte a te stessa, è colui che ti aiuta nel lavoro di svelamento; è colui che non te la racconta, ti rimanda l’immagine di te. Nell’impatto con questa figura tu entri inevitabilmente in crisi.
Rispetto all’altro qualsiasi, che può anche essere inconsapevole, il buon amico è perfettamente consapevole del gioco che sta mettendo in atto e del fatto che si espone per te, non per sé; nell’esporsi sa che ti può fare male, e sa anche che tu puoi provare forti moti di avversione e antipatia che possono condurti a ritrarti dal rapporto: lo sa, ma non ha niente da perdere. Non lo fa per sé, lo fa perché in qualche modo qualcosa lo spinge a farlo, ma lui non è in gioco.
Allora vedi che c’è l’altro consapevole e l’altro inconsapevole, ovviamente l’altro consapevole gioca a tutto campo nello svelamento con una efficacia e una penetrazione che, da un lato ti svela fin nelle midolla, dall’altro ti aiuta a sviluppare gli strumenti per comprendere e per gestire la situazione.
Qui tu acquisisci degli strumenti in maniera diretta, nella vita gli acquisisci indirettamente; qui noi concettualizziamo anche, non facciamo solo l’esperienza dello svelamento, il tutto diventa afferrabile e gestibile dalla tua mente.
G: Velocizziamo i processi.
R: Perché c’è una messa in luce dei meccanismi, è il rapporto stesso tra di noi che ti rende inequivocabile ciò che ti attraversa, è come vedersi in uno specchio tirato a lucido. Subito dopo questo tu puoi realizzare una concettualizzazione appropriata di ciò che hai vissuto: è fondamentale, nella via interiore, poter interpretare in modo adeguato ciò che viviamo.
Se una cosa la vivi e ti vedi in un certo tuo meccanismo, ma non riesci a interpretarla, il processo è più lento; se invece ciò che hai vissuto lo inquadri, te lo spieghi, lo situi in un contesto originale, la mente evolve, diventa uno strumento sempre più duttile e sofisticato.
Naturalmente questo non significa che la mente cambia nelle sue leggi di fondo ma, pur rimanendo se stessa, cambia modalità.
Come tu sai il nostro tentativo non è quello di cambiare la mente, ma di andare oltre la mente, faccenda molto differente. Per andare oltre è condizione importante che questo attrezzo sia affilato: diciamo  che utilizziamo la mente come grimaldello, scalziamo la mente con la mente. Questo fino ad un certo livello, poi la cosa si presenta in termini differenti.
Questo è tutto ciò che l’altro produce, consapevole o inconsapevole che sia.
G: Quando l’altro non è consapevole è molto più difficile.
R: E’ chiaro che tra due che utilizzano gli stessi criteri interpretativi e che hanno un buon livello di consapevolezza il lavoro è più semplice; tu sai che di fronte a qualsiasi tua reazione o azione l’altro mette in atto atteggiamenti che obbediscono ad una logica che conosci, sai il lavoro che l’altro fa e lui sa quello che fai tu. Di certo c’è che, consapevole o inconsapevole che l’altro sia, ti mette di fronte a te stessa e tu devi fare i conti con lo sballottamento che ti produce.
Adesso andiamo all’ultimo aspetto della seduta di oggi e che prepara anche il discorso sull’amore che faremo tra due sedute.
Allora tutto questo è vero, ma lo è fino ad un certo punto: cosa significa? Lungo il cammino fino ad un certo punto l’altro ti parla di te, da un certo punto in poi è semplicemente se stesso e non dice più niente di rilevante su di te.
Giunge una stagione della vita in cui sei sempre meno interessata a te, all’analisi e all’investigazione su di te; sorge uno sguardo che sempre di più si compenetra della comprensione che la mente è la mente che tu non sei la mente e quell’interesse per te con quel nome, con quelle sembianze, con quella certa manifestazione, con quel certo ruolo, in te pian piano va morendo e, nel momento in cui questo accade, muore anche l’altro in relazione a te.
Muore l’altro come quel qualcuno che ti mangi a tuo uso e consumo per i tuoi scopi, e si afferma l’altro come presenza che compare nella tua vita ma che parla soltanto di sé. Non parla più di te, non racconta più niente di te, per la semplice ragione che tu hai perso interesse per te e non hai più alcuno stimolo particolare ad interrogarti su di te.
Allora l’altro è quel qualcuno che si presenta ora in un modo, ora in un altro, ora con una modalità che ti può suscitare simpatia, ora con una che ti suscita antipatia, ma tu vedi la reazione della mente, in un verso o nell’altro, prendi atto che è la mente e lasci che l’altro sia quel che è.
L’altro è quel che è, parla di sé, parla del suo essere altro da te e parla del tuo non conoscerlo, non poterlo ricondurre ai tuoi schemi, parla del suo essere mistero.
Un qualcuno che la vita ti ha presentato e di cui non sai dire. Questo accade perché tu non hai più interesse per te: ti si presenta quella persona, quella situazione esistenziale, quel fiore lungo il sentiero che stai percorrendo; ti si presenta quel vento, quel cielo azzurro o quelle sferzate di bora, tu prendi atto. Non dici: “Povero me come ho freddo, o come ho caldo o come sono a disagio”, prendi atto che sta accadendo quello, non lo riconduci a te, ad un tuo giudizio, ad un tuo bisogno, ad un sentirti vittima, ad una mancanza: prendi atto.
Allora finalmente l’altro è l’altro e basta, e qui veramente inizia ad aprirsi un mondo sconfinato che è tutto quello che noi affronteremo nella seconda parte del nostro lavoro.

Il sentiero del risveglio interiore, di Eva Pierrakos

Il primo di una serie di volumi che contengono un insegnamento completo e veramente unico per andare incontro a sé stessi e alla dimenticanza di sé.
L’insegnamento è stato trasmesso da una dimensione di coscienza, denominata Guida, attraverso Eva Pierrakos, dal 1957 al 1979, ed è costituito da 258 lezioni raccolte in vari volumi pubblicati in Italia da Crisalide Edizioni.
Se guardi l’indice potrai vedere l’importanza degli argomenti affrontati..

Il sentiero del risveglio interiore, di Eva Pierrakos, Edizioni Crisalide, Indice del libro

Questo libro si rivelerà fonte di brande ispirazione per chiunque sia disposto a leggerlo con spirito aperto. Esso rappresenterà uno stimolo ed un’aiuto a percorrere il sentiero che porta alla parte più profonda di se stessi, e grazie al quale la ragione e l’amore si fondono, per generare la poderosa ed irresistibile forza che è alla base dell’evoluzione di tutto ciò che vive nell’universo.
Gli insegnamenti qui presentati sono stati ricevuti telepaticamente. Il loro vero autore è un ‘essere disincarnato, che non ha mai rivelato la sua identità, e che è semplicemente conosciuto come Guida.
Attraverso Eva Pierrakos, questa entità ha trasmesso 258 messaggi sulla natura della realtà psicologica e spirituale e sul processo dello sviluppo spirituale. A questo processo è stato dato il nome di Sentiero e gli scritti vengono chiamati Lezioni di Guida. I casi di comunicazioni spirituali sono sempre più diffusi, e perciò giusto, tentare di spiegare cosa distingua questo libro da tanti altri.
La natura del Sentiero è duplice. Esso possiede due aspetti che si completano a vicenda, quello spirituale e quello psicologico.
1. Dal punto di vista spirituale, il sentiero offre un metodo completo per raggiungere l’unificazione con il vero sé, con la scintilla divina che esiste in ogni essere umano…

Introduzione
1   Cos’è il Sentiero
Il desiderio di espandere la coscienza
Il falso desiderio
Il desiderio realistico
Imparare a tollerare la felicità
Il sentiero e la psicoterapia
Il sentiero e la spiritualità
Come trovare il vero sé
La positività e la negatività  sono una sola corrente energetica
“Immagini” o conclusioni sbagliate
Processi sul sentiero
Liberare il sé spirituale
Rinunciare alle illusioni
Aprirsi allo spirito

2   L’Immagine Ideale
Sé superiore, sé inferiore e maschera
Paura delle punizioni e del dolore
La maschera moralistica del sé ideale
Accettare se stessi
Il tiranno interiore
Alienazione del vero sé
Rinunciare al sé ideale
“Ritornare a casa”

3 Amore e Ricreare i Conflitti infantili
La carenza di amore maturo
Tentativi di sanare in età adulta le ferite infantili
La fallacità della strategia
Riprendere il dolore infantile
Come evitare di ricreare situazioni infantili

4   L’immagine di Dio
Il falso concetto di dio
Dissolvere l’immagine di Dio
Dio non è ingiusto
Il vero concetto di Dio
Le leggi divine eterne
Dio è in voi e crea attraverso di voi

5   Unità e Dualismo
La comprensione apre la porta allo stato unitario
Ostacoli che impediscono di trovare il vero sé
Contrapposizione fra l’io e il centro divino
La transizione dall’errore dualistico alla verità unitaria

6   Amore, Eros e Sesso
Il significato spirituale dell’eros
La differenza fra eros e amore
La paura dell’eros e dell’amore
La forza della sessualità
Il rapporto d’amore ideale
La ricerca dell’altra anima
La trappola del matrimonio
Il vero matrimonio
Isolamento
La scelta del partner
Eros come ponte

7   Il significato Spirituale delle Relazioni
Non tutti gli aspetti della coscienza sono sviluppati allo stesso modo
Elementi di disaccordo e unità
Soddisfazione come metro dello sviluppo personale
Chi è responsabile del rapporto?
Interazioni distruttive
Come raggiungere la soddisfazione ed il piacere

8   la Crescita Emotiva e la sua Funzione
Le emozioni vengono smorzate per evitare il dolore
Isolamento
La necessità di tenere le emozioni in esercizio
Far emergere le emozioni immature
Come attivare il processo di crescita
In cosa consiste la vera sicurezza?
Quando si reprimono le emozioni è impossibile amare

9   Veri e Falsi Bisogni
Il risveglio dei poteri spirituali latenti
I bisogni insoddisfatti del bambino
Come dissolvere il dolore dei bisogni insoddisfatti
Superare la resistenza ad esporre i falsi bisogni
I falsi bisogni generano sofferenza
Rinunciare ai falsi bisogni

10  I Danni Causati dalla Dipendenza Emotiva
Nell’universo esiste già tutto allo stato potenziale
La paura restringe vostra visione
Alcuni diffusi malintesi
Metodi per nascondere la debolezza e la dipendenza dagli altri
Il bambino dipendente in voi vuole essere convalidato dagli altri
Circolo vizioso e corrente a forzare
Aprirsi e lasciarsi andare

11  Il Significato Spirituale delle Crisi
Le emozioni negative tendono a perpetuarsi
La crisi potrà porre fine all’autoperpetuarsi della  negatività
E’ possibile crescere senza “notti oscure”
Crisi esteriori ed interiori
Superare la necessità della crisi
Il messaggio delle crisi

12  Il Significato del Male e come Trascenderlo
Il male esiste?
Il modo giusto di accettare il male
Il male come potere creativo distorto
Liberare la bellezza interiore
Trasformazione

13   L’Autostima
Il conflitto interiore fra indulgenza e severità
Cosa genera il rispetto per se stessi?
Usare il potere della mente cosciente
Entrare in contatto con l’istintualità
Unificare l’amore ed il piacere

14   Meditazione e Tre Voci io, Sé Inferiore e Sé Superiore
L’io come mediatore
L’attitudine meditativa
I cambiamenti prodotti da questa meditazione
La rieducazione del sé distruttivo
Un modo per iniziare la meditazione
Riconciliare i paradossi della vita

15   Il Rapporto fra l’Io e l’Energia Universale
Il principio vitale universale e la paura del vero sé
La religione è fonte di malintesi sul principio vitale universale
Come lasciar andare il proprio io
Analogia della legge di gravità
Vergogna del vero sé
Il simbolismo biblico della nudità

16   La Coscienza: Il Fascino di Creare
Pensare, sentire e volere, come strumenti della coscienza creativa
Tre condizioni per raggiungere l’unità con lo spirito universale
Tre livelli di autosservazione e di purificazione
Le origini del “peccato” o del male
Come interrompere le creazioni negative

17   Il Vuoto Creativo
Come aprirsi alla nuova coscienza
Il processo comporta apparenti contraddizioni
Una nuova pienezza si manifesta
Uscire dal circuito chiuso della mente
La mente come principio unificante
Affrontare il vuoto
L’uomo nuovo, ricettacolo dell’intelligenza universale
La funzione dell’intelletto nell’uomo della nuova era
Aprirsi alla più vasta vita

La Voce Interiore:
Una Meditazione della Guida
La Guida, Eva ed il Sentiero
Elenco delle Lezioni
Appendice

Il male e come trasformarlo, di Eva Pierrakos, Edizioni Crisalide, Indice del libro

IL MALE E COME TRASFORMARLO

Introduzione
Voi, io ed il male
Eva, la Guida, il Sentiero
Come usare il libro

PARTE PRIMA: LA COSCIENZA DI SE STESSI

1  Conosci te stesso
2  Sé Superiore, Sé inferiore e Maschera
Porre fine all’autoinganno
3  La trasformazione delle Emozioni
Affronta la vita
Il lavoro di autori cerca richiede tempo
Il prezzo della crescita spirituale è alto
Tre tipi di lavoro
4  La ricerca dei Propri Difetti
la Legge della Fratellanza
I tre difetti principali
Revisione giornaliera
5  Le immagini
Vi sono immagini dentro di me?
La ricerca delle immagini
Benefici derivanti dalla dissoluzione delle immagini
Vergogna
6  Il circolo Vizioso
Il bambino vuole essere amato in modo esclusivo
Paura della punizione e paura della felicità
Le due coscienze
Perpetuazione dei complessi di interiorità
Dissolvere il circolo vizioso
7  La tendenza a Ricercare i Conflitti Infantili
La carenza di amore maturo
Tentativi di sanare in età adulta i conflitti emotivi
La fallacia della strategia
Riprovare il dolore infantile
Come evitare di ricreare le situazioni infantili
8  L’immagine Ideale
Sé Superiore, sé inferiore e maschera
Paura delle punizioni e del dolore
La maschera moralistica del sé ideale
Accettare se stessi
Il tiranno interiore
Alienazione del vero sé
Ricunciare al sé ideale
“Ritornare a casa”
9  Amore,Potere, e Serenità
La “soluzione” dell’amore
La “soluzione” del potere
La “soluzione della serenità”
La necessità della crescita emotiva
10  Il Dolore Prodotto dalla Distruttività
Il dolore delle pseudo-soluzioni
Il dolore del cambiamento
Il dolore dellìinsoddisfazione
Imparare ad accettare la realtà

PARTE SECONDA: L’ATTACCAMENTO ALLA NEGATIVITA’

11  La scoperta del “no” Inconscio
Necessità di prendere coscienza della corente-no
L’osservazione dei pensieri semiconsci
Elementi di dissaccordo e di unità
12  Transizione dalla corrente-no alla corrente-si
Siete voi a dire no
Paragonare le aree positive e quelle negative
Parlare dei propri problemi
13     La funzione dell’Io in Relazione al Sé Reale
Necessità di un io forte
Al di là dell’io
14  Cos’è il Male
Il male  come insensibilità
Crudeltà
Attaccamento  della forza vitale alle situazioni negative
La persistena del male combinazione
Di piacere e crudeltà
15  Il Conflitto fra il Piacere Positivo
La vita e l’anti-vita
Il desiderio di negatività
La tendenza all’autoperpetuazione
Piacere negativamente orientato
16  Positività e Negatività
Una sola corrente energetica
La natura della distruttività
Il piacere della negatività
Energia sessuale bloccata
Liberarsi dalle proprie catene
17  Il superamento della Negatività
Un processo in tre fasi
Ruoli, giochi, e finzioni
Il quarto passo

PARTE TERZA: TRASFORMAZIONE

18  Meditazione a Tre voci: Io, Sé Inferiore e Sé Superiore
L’io come mediatore
L’attitudine meditativa
I cambiamenti prodotti da questa meditazione
Riconciliare i paradossi della vita
19  Il senso di identità e lo sviluppo  della coscienza
Voi siete la coscienza integratrice
Il nuovo senso di identità
I quattro stadi della consapevolezza
Il superamento della paura
L’espansione della coscienza
20  Il Superamento della paura
Le difese contro il dolore generano il male
Il problema della pigrizia
La paura di provare tutte le emozioni
L’impegno ad essere consapevole di tutte
le proprie esperienze
Attraversare la soglia
21  Identificazione con il Vero Sé ed Intenzionalità Negativa
L’intenzionalità negativa
Una nuova speranza
Con quale parte di voi vi identificate
La via d’uscita
22  La Transizione all’Intenzionalità Positiva
Analizzare tutti i pensieri
Continuare il lavoro fino al termine
23  Spazio Interiore, Vuoto Focalizzato
Scoprire la realtà interiore
Gli stadi del vuoto focalizzato
Il sé ed il mondo reale
Conclusione
Il male trasformato e trasceso
Lo stato unitario
La voce Interiore
Una meditazione della Guida
Elenco delle Lezioni
Appendice

Quel viaggio incontro a sé chiamato vita


Prefazione
1|Il valore insostituibile dell’esperienza
2|Vivere è trasformarsi da ego ad amore
3|Il diritto a manifestarsi
4|Il diritto ad essere accolti
5|La stanchezza, la crisi, l’altro
6|Il valore del dubbio
7|La disconnessione da ciò che la mente recita
8|La sostanza dell’atteggiamento meditativo
9|L’esperienza della contemplazione e della vita che sorge e ci attraversa
10|L’intimo essere di ogni singola esperienza
11|Le parole del Sentiero
Affetto, Altro da sé, Amore, Aspettativa, Buon amico, Compassione, Consapevolezza, Contemplazione, Coscienza, Disconnessione, Divenire, Dubbio, Ego/Sé inferiore, Evoluto, Flettersi/Inchinarsi, Giudizio, Identificazione, Illuminazione, Incarnazione, Individualità, Innamoramento, Lasciar andare, Manifestazione, Meditazione, Mente, Non-essere, Osare, Paura, Personalità, Presenza, Realtà soggettiva, Resa, Scomparsa, Senso della vita, Sentire, Tenerezza, Via spirituale, Vite, Vittima, Zen.
12|Incontro a sé: il percorso che proponiamo
Il percorso di base
Esperienze di manifestazione e consapevolezza
Gruppi di approfondimento
Accompagnamento individuale
13|La comunità del Sentiero contemplativo
14|Letture consigliate
15|Contatti

90 pagine formato 12×16.

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Per ordinare il libro, scriveteci (eremo@contemplazione.it).

La pienezza di ogni singola esperienza

Due brani tratti dal libro:  Conoscenza di sé, meditazione, contemplazione.
Più si scende nella profondità della natura dell’esistenza e dell’adesso che accade, più da quell’esperienza emerge un qualcosa di completamente nuovo, mai conosciuto prima, non comprensibile e non afferrabile con la mente.
Più l’atto contemplativo compenetra la persona e ciò che essa vive, più da quell’atto sorge l’esperienza di una pienezza, di una densità, di uno spessore, di una significanza che noi esprimiamo con il termine di pregnanza.

continua..

Conoscenza di sé, meditazione, contemplazione: introduzione

R[1]: Cominciamo questo viaggio che ci condurrà ad indagare il cammino dell’uomo incontro a se stesso; nell’avviare i nostri passi definiamo anche che siamo due persone della via che in un qualche modo dedicano la loro esistenza a questo percorso, le cui giornate sono permeate di questa ricerca e che interpretano la vita come processo senza fine di conoscenza, consapevolezza e comprensione.
Questa discussione introduttiva sarà una rapida escursione all’interno dei temi della via interiore; adesso ci interessa creare un clima, un ambiente, un contesto che disponga la mente del lettore ad essere macerata da questi argomenti. Nelle discussioni seguenti approfondiremo alcuni aspetti, altri rimarranno sospesi o inevasi, non ha importanza.
Perché abbiamo chiamato questo ciclo di conversazioni “La scomparsa dell’orizzonte”? [2]
Che cos’è la perdita dell’orizzonte per un umano?
L’uomo si muove dentro un orizzonte spaziale e temporale e, dentro quell’orizzonte, realizza la rappresentazione che chiama vita: se guarda davanti ha l’orizzonte di ciò che diverrà, se guarda indietro vede ciò da cui proviene. Ovunque l’uomo guardi la sua vita ha un orizzonte, è tesa nella ricerca di uno scopo, sente di essere all’interno di uno slancio, di un divenire esistenziale.
Ma quando l’uomo, per le ragioni che poi vedremo, si impatta con la via interiore, con il percorso spirituale, va incontro ad una esperienza che lo disorienta nel profondo: la via interiore non conduce ad essere migliori, ad un arricchimento di sé, ma ad un perdersi e ad un lasciar andare, ad un arrendersi e divenire piccoli e insignificanti; conduce oltre le categorie di migliore o peggiore, evoluto o limitato, adeguato o inadeguato.
La via interiore ha bisogno che l’uomo manifesti e porti a compimento la propria umanità, poggia sulle salde radici che l’umano ha costruito nel suo percorso esistenziale, ma edifica l’umano solo in una prima fase, in seguito lo svuota.
La via interiore conduce una persona oltre la propria umanità, oltre l’essere una identità, un nome; la conduce verso territori sconosciuti, privi di riferimenti, dove ciò che si è conosciuto nell’umano non ha più valore, dove la condivisione con l’altro del pensiero, dell’emozione, dell’azione, perde la sua rilevanza.
La via interiore è andare incontro ad un non sapere fondato sulla perdita di tutto ciò che si sapeva; è andare verso un non sentire se raffrontato a ciò che si sentiva; è andare verso un rapporto con la volontà completamente differente da quello conosciuto.
La via interiore non è la via verso la spiritualità, la santità, l’illuminazione, è la via verso la perdita di sé, del proprio essere individui; chi ritiene che la via sia il luogo dove si fanno esperienze straordinarie, dove il proprio essere, in virtù della pratica e della comprensione raggiunte, si perfeziona e vede superarsi il proprio limite, quel limite che tanto angustia l’umano, questa persona è destinata ad un amaro risveglio. Non c’è liberazione dal limite per volontà propria; non c’è miglioramento per volontà propria; non c’è libertà che poggi sul proprio sforzo. La persona della via sperimenta sulla propria pelle che non si migliora, non si cambia nei meccanismi più profondi, non si ottiene la libertà perché la si desidera: si viene liberati, è molto diverso. Il cammino spirituale conduce nell’intimo della propria natura, nell’intimo del limite, nella radice delle forze creative e distruttive che sostengono l’esperienza umana.
Se si crede che la via sia l’incontro con tutto ciò che di bene esiste nel creato, bisognerà ricredersi: la via conduce in faccia alle forze che governano la rappresentazione ed è impietosa nel mostrarle nella loro nudità; non c’è edulcorazione, ma nemmeno durezza nella via: c’è l’esperienza dell’uomo vissuta nella consapevolezza che il bene e il male sono solo bastioni della mente dell’uomo, la vita è oltre l’opposizione bene-male, la vita canta se stessa e non sa che farsene degli schemi duali dell’uomo.
La vita non consola e non punisce, accade, e lì, in quell’accadere, chiede un’attenzione, un disporsi, una resa.
La via interiore chiama l’uomo alla vita: che questi abbia scelto un monte per abitare, un appartamento in città, una barca su un fiume, una comunità o la solitudine di un eremo, non può fuggire alla vita; la via interiore è il canto della vita, non è una filosofia, non una morale, non un’etica, non una pratica, non un ruolo o una funzione, non una sapienza o un’ignoranza.
La via è l’essere piegati alla vita che giunge e sempre ti spiazza, che non bussa, non chiede permesso: irrompe e nel farlo devi fare i conti con lei, sei costretto a vederla; puoi opporti, puoi lottare, ma alla fine devi piegarti.
Piegarsi. Perdere. Venire svuotati: queste sono le esperienze con cui si confronta la persona nella via. Piegare la mente e la sua opposizione. Perdere l’identificazione con il pensiero, con l’emozione, con l’azione. Venire svuotati di tutto ciò che sentivamo come nostra ricchezza.
Queste conversazioni, questo libro parlano di questo e si rivolgono a coloro che non cercano una consolazione o una esperienza significante: queste parole sono rivolte al cuore e alla mente di chi è sufficientemente stanco di sé e ha compreso che un circo non va sostituito con un altro circo, magari profumato d’incenso. Il cammino spirituale è uno spogliarsi, indumento dopo indumento finché non sorge la propria nudità difficile, a volte, da reggere allo sguardo; il cammino è un lento incedere dentro ad un morire della parola, della pretesa di dire, di spiegare, ed infine conduce alla morte di tutte le domande, di tutto l’investigare, del principio stesso del provare interesse per qualcosa.
La via comporta un disimparare tutto ciò che si è appreso sulla via stessa, porta nel suo grembo il processo dell’abortire se stessa.
La via comporta un perdersi, uno smarrire i riferimenti, un sentirsi sospinti senza conoscere la direzione, senza avere volontà propria nel procedere.
La via è il luogo dell’incertezza, della non risposta, del dubbio, dell’osservazione perplessa. Di fronte all’esistenza che mostra il suo campionario, per lungo tempo, l’unico sentimento persistente è la perplessità.
La via ti butta nell’esistenza e ti sradica dall’esistente, ti conferisce l’intima gioia del nascere a te stesso e, un attimo dopo, ti fa sorgere un sorriso beffardo su quello che credi di aver raggiunto.
La via è una madre con gli occhi strabici, non hai mai la certezza che si occupi di te.
La via è in gran parte mistificazione della mente: da un punto di vista veramente neutrale, direi che non esiste alcuna via, ma sola la rappresentazione della via dentro al divenire, dentro alla mente. Fuori dal divenire non c’è via.
Fuori dalla mente non c’è via.
Dentro le logiche della mente c’è qualcuno che diviene da ottusità a libertà e il film che sta guardando parla di una via, di un processo, di un divenire: se è identificato, il film è la sua vita, ma se non è identificato il film è solo un film e la vita vera è nelle pieghe del film, oltre ciò che appare.
Nella vita vera nulla diviene, tutto è, nessuno passa da ottusità a libertà, ogni cosa, ogni stato è perfetto così come è. Noi parliamo della via ed usiamo questa mistificazione, questa rappresentazione della realtà, per farci comprendere dalle menti ma dal nostro punto di vista non c’è via, c’è la vita che è così come è e non chiede a nessuno di essere diverso da quel che è.
Non chiediamo al lettore di comprendere ora, quel che diciamo: se queste parole non l’hanno scandalizzato scoprirà, più avanti, che queste affermazioni non sono paradossi ma rappresentano la visione feriale di un viandante che non si racconta favole, ma guarda alla realtà per quello che essa è. In un tempo in cui tutto è consumo era inevitabile che anche la via fosse oggetto di consumo, luogo dove cercare l’emozione piuttosto che la resa; sono alcuni decenni che questa parodia è in scena e non sembra che gli spettatori abbiano ancora compreso l’inganno: non importa, non ci riguarda.
Non abbiamo niente in comune con il percorso interiore ridotto a circo, ma non vogliamo nemmeno trasmettere l’idea di una via che è solo fatica, difficoltà, solitudine.
Dal nostro punto di vista l’interrogazione su di sé e sulla vita, il coltivare la consapevolezza e la disconnessione sono la dignità dell’uomo, ciò che rende delle vite degne di chiamarsi tali, sono la fioritura dell’umano e dell’avventura nel tempo e nello spazio; ciascuno, nel proprio intimo può scoprire che non parliamo di lacrime e sangue, ma dell’esistenza nella sua dignità.
La via interiore passa dalla porta stretta della conoscenza di sé e dei meccanismi, dei modi, delle particolarità che compongono quel sé così reale, così presente, al quale siamo così attaccati, senza il quale sprofondiamo nella dissociazione schizoide; quel sé in realtà non esiste, se non come artifizio prodotto dalla mente. Nella realtà, evidente alla persona che osserva la vita attraverso gli occhi della contemplazione, non c’è alcun portatore di nome; la vita, in quest’ottica, non è l’edificazione di sé, ma lo svelamento del meccanismo che porta alla costruzione di sé come portatore di un nome.
La via interiore non può non passare attraverso la conoscenza della mente[3]: tutte le vie, qualunque sia l’ambito che prediligono debbono confrontarsi con i contenuti della mente e tutte hanno elaborato approcci alle dinamiche mentali, più o meno sofisticati.
Ora posiamo lo sguardo sulla mente con rapidi passaggi, per sviluppare una prima confidenza; il discorso ha una sua complessità e il lettore che è essenzialmente focalizzato sul sentire può trovarsi in affanno, ma ricordiamo che ciò che non trova mutamento sul piano della mente non muta nemmeno sugli altri piani: se non cambiano le convinzioni, niente cambia.
La mente si costituisce nel tempo come sedimentazione: giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, struttura i suoi contenuti e li organizza in virtù delle facoltà della memoria e del giudizio.
Non è una stanza dove si buttano cose alla rinfusa, è un contenitore che nel tempo si stratifica secondo dei criteri di archiviazione, alcuni personali, altri propri alla struttura dell’organismo.
Quando è necessario, confronta ciò che accade nell’adesso, con ciò che c’è nei suoi archivi; qualunque cosa viva, la mente la paragona con ciò che già conosce. Quindi è un organismo che si sviluppa nel tempo e guarda al presente con gli occhi del passato.
Direi inoltre che la mente è un organismo energetico che ha bisogno di mantenere un certo livello di stabilità e per farlo deve operare ad un certo regime; chiaramente ogni mente è un mondo a sé, però tutte le menti hanno tratti in comune e tutte tendono ad un livello di stabilità che poggia su fonti continue di approvvigionamento e rinnovamento.
Credo potremmo dire che la mente è simile ad un ecosistema dove una serie di elementi cooperano per mantenere un equilibrio: ci sono elementi di crescita e di distruzione, c’è un continuo mutamento e rinnovamento ma nel complesso, tra il crescere e il distruggere c’è un fondamentale equilibrio.
A me non riesce di pensare che la mente sia un organismo nemico dell’uomo, come viene sostenuto direttamente e indirettamente in alcune scuole di pensiero spirituali, credo che ogni organo abbia la sua funzione: il fegato ha la sua funzione; i reni, gli organi genitali hanno la loro funzione; il corpo mentale e astrale hanno le loro funzioni: una via spirituale che consideri la mente come il problema credo che introduca una distorsione.
La questione riguarda il punto di vista da cui la guardiamo, ecco perché parliamo di mente come ecosistema: in essa ci sono crescita ed equilibrio, conflitto e distruzione ed è certo che questo organismo ha una struttura che credo sia la risultante dalla connessione che si stabilisce tra pensieri, emozioni ed azioni o, detto in altri termini, tra il pensare, il sentire ed il volere.
Sia i pensieri, che le emozioni, che le azioni, sono soggetti ad un’operazione incessante di etichettatura e di giudizio; il pensiero è etichettato, l’emozione è etichettata, l’azione è etichettata e tra essi si stabilisce una connessione la cui risultante è il senso di identità: la relazione tra questi tre agenti che portano a manifestazione gli impulsi della coscienza, genera l’ego.
Ogni pensiero porta con sé un’emozione e ogni emozione è legata ad un pensiero, ed ognuno di essi porta a manifestazione un determinato sentire, una richiesta di dati, un’intenzione che giunge dalla coscienza; da questa connessione tra molteplici fattori scaturisce l’identità: queste singole concatenazioni poste in relazione con altre concatenazioni danno luogo all’immagine di sé.
In questo percorso parleremo costantemente delle mente, qui tracciamo poche, sommarie pennellate di colore per inquadrare la questione; una trattazione completa non ci interessa, rimandiamo al formidabile lavoro compiuto dalla Via della Conoscenza e dal suo maestro, Soggetto.
Tutta la nostra vita, la nostra rappresentazione, è un muoverci tra pensiero, emozione, azione, alla ricerca di una significanza, di una densità, di una pregnanza, di una pienezza. É come se noi cercassimo, per tutta l’esistenza, la piena significanza del nostro pensiero, della nostra emozione, della nostra azione: uno splendore dentro questa concatenazione.
É un tentativo continuo di proiettare e assaporare una densità sempre maggiore, spinti dal bisogno di conferire un senso alle nostre esistenze.
Quand’è che una persona inizia a confrontarsi seriamente con le dinamiche della propria mente e si impatta nella via spirituale? Che cosa accade nella sua esistenza e nella sua mente?
G: Il quando secondo me è determinato da un fallimento profondo nella relazione con tutto ciò che c’era fuori di sé. Quando, per molti anni, c’è stato un impulso continuo a cercare fuori un obiettivo saliente o un significato consistente, quando tutto l’essere si è proteso verso quello, con tutta l’energia, lo sforzo, come un arco troppo tirato verso un obiettivo – che nel tempo è cambiato secondo le sfide che la mente imponeva – quando giunge all’ennesimo fallimento secondo me, allora lì, si chiudono le porte del fuori e si smette di cercare fuori. Si è sempre pensato che la risposta fosse fuori.
R: Quindi dipendesse dall’altro?
G: Dall’altro, dalla relazione, dal successo lavorativo, dalla posizione sociale.
R: Dalla vita che è ingiusta..
G: Dall’incolpare gli altri, dal karma.
R: D’accordo. Invece poi ad un certo punto c’è un riposizionamento e cosa inizia a fare quella persona?
G: Comincia a indagare dentro.
R: Cosa significa?
G: La prima cosa che si fa, è cercare le radici dei propri errori nel passato e lì, per molti versi, c’è un impaludamento.
R: Però è anche una necessità. Perché è necessaria, per tanti aspetti, l’indagine sul passato?
G: Perché si ha bisogno di una bussola, di una mappa logica, la mente chiede una logicità, un nesso di causa-effetto.
R: Ma anche perché, in un certo modo, quello che siamo oggi è il risultato di strati di sedimentazioni che nel tempo si sono accumulati e strutturati. Se vuoi capire molte cose di oggi, del tuo modo di funzionare, necessariamente devi andare a vedere come si sono formate nel tempo, come la mente funziona: come connette quel pensiero a quella emozione e a quella azione, come etichetta, come giudica, come si avvita ed entra in stallo.
Quindi lo sguardo rivolto verso il dentro è indirizzato alla comprensione della modalità di lavoro della propria mente, della propria identità. Questa è, in parte, la funzione di indagine svolta dalla psicologia.
Poi la persona, indagando sulla propria mente e sui propri meccanismi, che cosa scopre?
G: Scopre che se le va dietro è un gioco infinito, è come farsi prendere in giro da una giostra perpetua, un disco incantato, che vuole raccontare sempre la stessa storia trita e ritrita, finché non si accorge che in tutto questo c’è una forma di godimento.
R: Il godimento di chi?
G: Del riaprire la ferita, della vittima.
R: Ma, fammi capire, che cosa ne trae la persona, o la mente, dall’andare a mettere continuamente il dito nella ferita?
G: Cibo per se stessa.
R: Sì, eccitazione. Guarda il depresso nel suo dolore, dentro la cuccia del suo dolore: ad un certo punto il suo stare male – il suo essere devastato per tanti versi – quel risiedere nel dolore diventa un modo di nutrire la mente, un modo di alimentarla e di strutturare identità. Un modo di dare a quell’ecosistema un’energia che gli conferisce forma e sostanza. La mente, l’identità, ha una sua relativa autonomia, questo noi lo dimentichiamo sempre. É un organismo che esegue gli impulsi della coscienza ma è anche autoreferente: purtroppo noi ci identifichiamo con essa e con quell’apparenza di essere che genera.
G: Io penso, io ho un problema..
R: La mente pensa, la mente ha un problema. E’ qui che generiamo la nostra prigione, nella identificazione. La mente è un organismo a sé stante, con leggi sue, con dinamiche sue, noi la consideriamo noi stessi, perché è essa che genera il nostro nome, che ci genera come individui. Ovvio che diciamo: “Noi e la mente siamo la stessa cosa” e parliamo della mente come di noi stessi: siamo generati da essa.
In realtà, se tu guardi spassionatamente da fuori la mente, la vedi funzionare con la sua complessità ma come un organismo a sé; se invece partecipi al suo funzionare è lì che diventi un nome.
La speculazione senza fine, il rimuginare continuamente, non sono altro che una maniera di mantenere ad un determinato livello di eccitazione e di vitalità l’organo mente, attraverso l’identificazione con i processi che realizza.
Diamo energia al sistema senza sosta, ed il sistema è vorace e ha continuamente bisogno di stimoli: più lo solleciti, più ne vuole, più alza il livello del sua richiesta.
Tu guarda il sistema dell’informazione, guarda l’eccesso cui sono arrivati, dove tutto tende ad eccitare la mente dello spettatore, fino al paradosso che poi questa si anestetizza, si assuefa, e allora cosa fanno? Se prima ti eccitavo la mente facendoti vedere un cadavere per strada, adesso la eccito facendoti vedere un cadavere tutto sventrato. E poi ti faccio vedere il gesto dell’ uccidere e poi ancora di più, ancora di più.
Se prima le nostre menti arrossivano nel vedere la gamba di una donna fino al polpaccio, ora ti mostro la donna in posizione ginecologica perché la caviglia nemmeno la vedi; è così, perché la mente è un organismo fatto in questo modo: più tu alzi il livello, più lei si ristruttura e divora quel nuovo livello che sperimenta.
Poi, ad un certo punto, tutto questo non la nutre più e dice: “Oh, che noia! Ma qui non accade niente di significante; non ci sono pensieri, né emozioni, né azioni significanti!” É come un bambino o un adolescente alla ricerca di un qualcosa di nuovo, che le dia significato. E’ costantemente proiettata verso nuovi livelli di pregnanza e di senso, continuamente alla ricerca di uno stimolo che la qualifichi, le permetta di sentirsi d’essere attraverso la delimitazione di ciò che è di sua pertinenza e ciò che è altro da sé.
Questo è fisiologico, perché se così non fosse il bambino rimarrebbe bambino, non indagherebbe mai. La mente si struttura e diventa complessa e varia, proprio perché c’è questa spinta verso una complessità che giunge dalla coscienza[4]. C’è questa fame, questa sete di stimolazione e di esperienza nuova, di punti di vista nuovi: questo è fondamentale, altrimenti non esisterebbe questa rappresentazione che chiamiamo vita.
Questa persona che ha vissuto i moti eccitatori della mente, ad un certo punto arriva ad una perdita di senso, si trova costretta dall’insoddisfazione che la realtà le determina, a dirigere lo sguardo verso di sé; necessariamente deve rivolgere lo sguardo verso di sé e si rende conto che è intrappolata in una giostra; e quando si rende conto che è in una giostra?
G: Deve decidere se continuare a stare lì o scendere. Perché come dicevi tu è stata una tappa evolutiva quella della mente, perché la mente è processo; non saremmo nel 2008 con tutto quello che abbiamo realizzato in tanti campi. Soltanto che la mente legata all’emozionalità della persona è una trappola, bisognerebbe disinnescarla dal proprio processo affettivo-emozionale e usarla come un computer per fare delle cose meccaniche di sopravvivenza. Non bisognerebbe includerla nel processo vitale della persona..
R: Però non sarebbe più vita. La vita è tale perché c’è una connessione tra pensiero, emozione e azione. Allora, questa persona può dire: “Se continuo così sono in balia delle dinamiche della mia mente che ha necessità sempre più complesse, di eccitazione sempre più forte: la vita mi è diventata insopportabile, ho capito che è a causa della mente e di conseguenza devo disconnettere dai suoi processi”.
Su questa crisi della persona poggia tutto il nostro ragionare e il percorso che noi proponiamo: tutto ciò che abbiamo detto all’inizio preparava questo: ad un certo punto la persona si trova nella situazione che se non riesce a distaccarsi dai propri processi mentali non solo può soccombere, ma la propria vita rimane in un ambito di frustrazione e non può conseguire quella significanza cui aspira; allora disconnettere dai processi mentali diventa una questione veramente importante, la questione principale che la persona, nella crisi, si trova ad affrontare.
Abbiamo detto che il processo mentale è stabilito dalla connessione tra pensiero, emozione e azione. Se io ho un determinato pensiero, normalmente questo è associato anche ad un determinato stato emotivo. Se ho una emozione, normalmente è sostenuta da un pensiero. Se compio una certa azione, normalmente dietro c’è un pensiero e uno stato  emozionale: i tre sono connessi.
La persona, stanca della sua frustrazione si rende conto che è prigioniera di un meccanismo che la sovrasta; se andiamo a guardare che cosa può fare, scopriamo che può distaccarsi dal pensiero, da quell’emozione legata a quel pensiero, e magari anche da quell’azione che sta compiendo.
Non solo, ma può dire: “Ho una certa emozione e devo imparare a viverla in quanto tale, non legata a nessun pensiero, e a nessuna azione cui può dar luogo. Devo vivere l’emozione in sé, o devo vivere il pensiero in sé, separati”.
Ad esempio se a me adesso, in questo preciso istante, passa per la mente un pensiero osceno, oppure uno terribile, vedo che quel pensiero porta con sé un contenuto emotivo e potrebbe condurre anche ad un’azione, ma posso viverlo a sé stante e basta, pensiero che attraversa la mente; vedo anche che è legato ad un’emozione, ed anch’essa attraversa la mente; sullo sfondo c’è una possibile azione ma io non connetto, non collego tra loro pensiero-emozione-azione, vivo il pensiero nella sua oscenità e nella sua violenza e lo lascio andare.
Riconosco il pensiero, ma non mi lego ad esso, perché se mi lego cosa faccio? Necessariamente mi porto dietro tutta l’emozione e forse anche tutta l’azione, questo secondo il principio che all’origine di tutto c’è sempre un pensiero, conscio o inconscio che sia; invece mi fermo a guardare il pensiero: ecco, c’è questo pensiero, e lo lascio andare.
Quando nella mia mente sorge un pensiero forte, cosa sorge insieme a quel pensiero?
G: Il giudizio.
R: Sorge una parte della mente, legata a tutto un sentire emotivo, che dice: “Ma cosa pensi?”
Questa è una faccenda complicata: ogni pensiero, emozione ed azione portano con sé un giudizio, come fai a distaccarti da qualcosa per cui ti colpevolizzi?
Se ogni pensiero, emozione, azione che sorge è etichettata e giudicata, di che disconnessione parliamo? Se c’è il giudizio, c’è qualcuno che lo emette e siamo legati a quella sentenza che emettiamo e sentiamo come ineluttabile, rispetto alla mostruosità che ci è transitata in testa.
Ciò che ci lega al pensiero è il giudizio sul pensiero stesso. L’identificazione poggia e si sviluppa sul giudizio: il giudicare qualifica come individuo il giudicante.
Il giudizio è il pilastro dell’identità e della mente.
L’identificazione non nasce dal fatto che nella mente possano scorrere pensieri, emozioni, azioni, nasce dal fatto che su ciò che sorge qualcuno esprime un giudizio. E quando lo esprime lo fa proprio, si identifica, è esso stesso quel giudizio.
E’ il giudizio che mette il mio nome su quell’azione.
G: Però estirpare la radice del giudizio, è un’impresa titanica perché è dalla primissima infanzia che viene sviluppata questa funzione. Appena nati non abbiamo il giudizio.
R: Certo, non abbiamo la mente ancora strutturata.
G: Infatti, vorrei chiederti se il giudizio è una funzione propria della mente..
R: Sì, intrinseca; è nella natura della mente definire in vari modi la realtà.
G: Però ogni vissuto individuale e personale dà un filtro a quel giudizio, un colore, chiamiamolo così.
R: Sì, certamente, però tutte le menti giudicano, è veramente nella natura della mente giudicare. Nel neonato questo non c’è perché non c’è l’esperienza; man mano che si struttura nasce l’organismo mente e assume sempre più connotazione questa qualità intrinseca del giudizio.
Il giudizio su cosa è fondato?
G: Sulla polarità.
R: Sì, dalle polarità elementari come il bene-male alle più sofisticate; poi man mano che la mente/identità cresce e si organizza, genera e struttura una visione morale.
Che cos’è la morale?
G: La morale, “istruzioni per l’uso”.
R: Come si forma la morale?
G: Secondo me si forma perché l’uomo ha paura della vita intesa come molteplicità delle possibilità. Allora la morale ti offre un modo per aggrapparti a qualche cosa e farti sentire al sicuro e meritevole di rispetto, di dignità e fiducia; all’interno di quella gabbietta uno sa come muoversi, altrimenti..
Io penso sempre al primo uomo, all’uomo preistorico, alla paura che deve aver avuto in un mondo che non conosceva e lui non aveva doti intellettive per capire come gestirla; la morale ti dà un controllo illusorio sulla vita e se tu ti attieni a quello, hai meno paura della tua vita, perché credi di poterla controllare in base a quei due principi manichei, il bene e il male, e sei come un burattino con dei fili: se vai di qua sei accettato, sei vai di là non lo sei.
R: Tu pensa al bambino che se fa una cosa è accettato, se ne fa un’altra non lo è. Pian  piano, il tutto si sofistica, ma il principio rimane quello, il bisogno di un posto, di un’accoglienza.
G: Un riconoscimento; io sono qui per lo stesso motivo.
R: Fammi capire..
G: Voglio dire che ho riflettuto molto sulla tua proposta e chiaramente è una cosa che mi dà tanta gratitudine e riconoscimento per quello che mi stai offrendo, per il fatto di poter parlare con te, questo nutre una parte dentro di me che ha bisogno di essere riconosciuta; è di fondamentale importanza per me respirarci tranquillamente e non nascondermi dietro un capello, perché mi fa enormemente piacere.
R: Certo, la bambina è riconosciuta. L’uomo primitivo ha dovuto in un qualche modo imparare cosa scottava, cosa l’affogava, chi lo ammazzava; ha dovuto capire, ha creato quella piccola saggezza attraverso l’esperienza. Così nella mente del bambino si sviluppa quella piccola saggezza che gli consente di crearsi degli alleati.
G: Una strategia di sopravvivenza.
R: La cosa principale per il bambino è essere riconosciuto e questo ci porta al fatto che la cosa fondamentale nella vita di un umano è la realizzazione della propria identità; tutto è proteso a questo e la mente è un organismo efficace per questo, quella è la sua natura.
La mente è uno strumento formidabile, perché porta l’essere alla compiutezza della sua rappresentazione umana e, intrinsecamente a questo, della sua alienazione. L’umano è questo, ma l’essere in manifestazione non è solo umano che accade.
La mente è un fiore che deve essere aperto, utilizzato, dispiegato, accolto, conosciuto perché possa portare a splendore il principio dell’identità, la manifestazione del nome, la consapevolezza della separazione: questo va affermato in una via interiore, perché ci sono molti equivoci.
La mente, per sua intima struttura, porta l’uomo a separarsi da tutto il resto, a sentirsi a se stante, unico e, pian piano, lo modella e gli conferisce il senso di essere un individuo, con capacità proprie, con un valore e creatività proprie, caratteristiche uniche.
La mente è un organismo che secerne e genera l’identità e, per sua natura, da una massa estrae un componente che modella nel tempo fino a conferirgli una forma compiuta[5]. Come lo scultore che vede il blocco di marmo e comincia a lavorarselo finché non estrae la forma che aveva immaginato.
La vita diventa nient’altro che questa operazione governata dalla mente, dalle sue dinamiche, attraverso l’esperienza, la connessione pensiero – emozione – azione, l’interazione con l’altro, con l’ambiente, con le forze cosmiche; diventa la possibilità che quel piccolo bambino, senza nessun confine, acquisisca consapevolezza di sé e si sviluppi nei suoi processi e, nel suo divenire adulto, dica: “Perbacco, ho un nome!”. Essere portatori di un nome, è bella questa cosa, la trovo stupenda; il nome esprime la propria natura limitata.
Qualcuno capace finalmente di pronunciare il proprio nome, che liberazione! Non c’è niente, se non c’è questo diventare persona e poter pronunciare liberamente il proprio nome, perché questo è il gioco della vita, la prima metà del gioco della vita.
Questo è l’inspiro.
Ma dopo l’inspiro inizia l’espiro, l’inspiro prepara l’espiro, ed è qui l’interessante dal nostro punto di vista, la crisi che sopraggiunge quando l’uomo inspira e ad un certo punto non sa più cosa fare, e si perde: a quel punto deve espirare. In queste conversazioni parleremo soprattutto dell’espiro, della danza tra inspiro ed espiro, ma soprattutto del lasciar andare, perché la via interiore, la via spirituale, è innanzitutto questo svuotarsi.
Ma se quest’uomo non è capace di inspirare, se il suo respiro è corto, asmatico, se quando respira gli fanno male i polmoni, se non ce la fa, o sente che non c’è mai quella pienezza, che c’è sempre qualcosa che lo trattiene, diventa prigioniero della sua gabbia toracica, della sua vita, capisci?
Tutta la rappresentazione dell’uomo si svolge all’interno di questo movimento dell’inspiro; tutte le complicanze e le difficoltà si svolgono lì dentro. L’uomo è inserito in questo ritmo cosmico che è l’inspiro e l’espiro, ma soffoca, arranca e si arrende dentro all’inspiro.
Arranca nel pronunciare il proprio nome, nel pronunciare i propri diritti, nel rivendicare, nel mettere in atto una rappresentazione piena dove possa dire: “Io sono io. Questo è il mio spazio, quello è il tuo spazio”, arranca nell’affermazione di un suo diritto inalienabile, sentirsi individuo, delimitato e circoscritto; lì arranca.
É buffa questa cosa, perché non pongo l’accento sul fatto che l’uomo non sa relazionarsi all’altro, non sa amare; sto dicendo che non sa fino in fondo proclamarsi individuo. Non nel fatto che non sa condividere, non sa scambiare, non sa donarsi: il problema dell’uomo è che non sa dire “io” o, quando lo dice, non ci crede.
Non sa dire “io” pienamente, liberamente, fluidamente, sfacciatamente, non lo sa dire.
G: Perché c’è la censura..
R: L’uomo ha dovuto trovare un modo, una modulazione, nel dire “io”, per non sopraffare l’altro; tanti uomini che vivono assieme nella natura, se ciascuno avesse gridato il proprio io senza tenere conto dell’io dell’altro, a clavate sulla testa sarebbe finita!
Ha dovuto trovare un modo e ha posto tutti i paletti della morale, fino a che, ad un certo punto, questo impianto diventa una prigione, un soffocamento di sé.
Guarda dove siamo arrivati con il nostro ragionamento: l’uomo durante il suo percorso, ad un certo punto, non può che affrancarsi dalla morale perché altrimenti non fa l’ultimo passo, l’ultimo salto. Significa che l’uomo diventa senza morale? Non direi, è più complicato.
Stiamo dicendo che una mente che si forma e si struttura, ha bisogno evidentemente di regole, e non è che ogni volta uno può sperimentare tutto quanto da capo; c’è il genitore che ti dice: “Non toccare il fuoco, perché scotta”, non abbiamo bisogno di riprovare l’esperienza diretta, impariamo anche in un altro modo; però ad un certo punto la persona deve affrancarsi da questo impianto condizionante.
Questo significa che l’uomo al culmine del suo inspiro sente che il legame morale gli sta stretto, ma tu hai idea di quante implicazioni porta con sé questo stato interiore?
G: Tantissime, deve rompere tutte le catene. Agli occhi degli altri diventa un disadattato.
R: E agli occhi propri cosa diventa? Tu devi rompere le catene morali o ti si rompono? Sei portato a fare delle cose che ti disorientano, hai una visione delle cose che ti spiazza ma non l’hai scelta, ti è accaduta.
G: Non è una cosa che segue la volontà, accade e basta. Se posso dirti la mia esperienza, quando ho deciso di lasciare il lavoro, le notti precedenti alla scelta, ho sognato uno schiavo nero, africano, molto robusto, che nella stiva tirava le braccia con le catene ai polsi. Dopo la scelta, la notte ricompare lo schiavo nero, ma luminosissimo. Prima era tutto lividi e rattrappito, dopo mi veniva incontro libero, per ringraziarmi. Per me è stata una liberazione, io mi sentivo come lui.  Anche se fuori vivevo una situazione apparentemente libera, mi sono tolta dei pesi enormi. Non è che uno diventa un ribelle forzatamente, è proprio un scegliere te stesso.
Sei unico al mondo, ci sei solo tu così e se sei così, ci sarà un motivo, vorrà dire che dovrai portare una differenza nel collettivo; vogliamo tutti essere uguali, in realtà Dio ci ha creato tutti diversi. Allora ho pensato: “Devo riprendermi il mio diritto di nascita”, perché alla fine è quello che viene calpestato nel tendere ad essere tutti uguali per sentirsi approvati e sentirsi mancanti quando stride questa omologazione; è lì il problema, è capire che se sei nato così, ci sarà un posto anche per te, magari in una maniera diversa.
R: Quindi ad un certo punto ti devi liberare dai condizionamenti e lasciare quella piccola nicchia che hai occupato fino a quel momento; questo processo lo chiamerei: lo splendere della propria umanità. Hai bisogno di rompere le catene per splendere nella tua umanità; o la persona compie questo gesto o è  destinata ..
G: Ad una morte lenta.
R: L’umano al culmine del suo inspiro, pronuncia il suo nome, ma nel pronunciarlo è veramente differente da tutti gli altri, ed è veramente il “suo” nome; adesso può pronunciarlo pienamente, perché non corre più il rischio di essere di danno al proprio prossimo, nel momento in cui ha fatto le sue scelte, ormai riguardano solo lui ed è capace di assumersene la responsabilità. Molto del resto è ammaestrato, le spinte, le forze, sono sufficientemente domate e nella mente hanno un loro modo di funzionare automatico: la mente si è sofisticata, non è più un organismo elementare e la coscienza guida con più saldezza i processi avendo, di esperienza in esperienza, organizzato ed ampliato il suo sentire.
Finché c’è una spinta vitale, un istinto vitale non gestito, può produrre sull’altro un’offesa, ma quando la mente è evoluta attraverso l’esperienza e la sedimentazione, quella spinta vitale viene pienamente gestita dall’organismo mente. Quella spinta, di per sé, ha sempre una forza dirompente, una vitalità, sia nel troglodita con la clava, che nell’uomo evoluto, è sempre potenzialmente devastante, ma viene gestita nel troglodita da una mente rudimentale non ancora strutturata, e nell’uomo evoluto da una mente estremamente elaborata che, in vari modi, la ingloba, la trasforma, la direziona.
La persona pronuncia il proprio nome e sente che è un fiore in mezzo al prato, con tanti altri fiori, ma ha una connotazione particolare, un profumo e un colore particolari, diversi rispetto a tutti gli altri, distinti dagli altri, e per giungere a quello ha fatto mille piccole scelte di distinzione, differenziazione e, a volte, di rottura.
La morale tende a uniformarci, a piallarci. Ci riconduce a schemi di comportamento, necessari fino ad un certo punto perché la mente non è ancora giunta ad un livello di sofisticazione soddisfacente, ma da un certo livello in poi la mente non può che far esplodere quel contenitore, perché diventa un qualcosa che soffoca il pieno dispiegarsi del suo essere organismo.
Siccome non c’è più un pericolo derivante da un uso insulso degli istinti, allora l’operazione può avvenire e avviene: la persona alla fine del suo inspirare pronuncia il proprio nome, ed è una persona libera dal vincolo.
Questa è tutta la grande fatica dell’uomo: giungere a questo pieno inspiro, pieno pronunciare la parola e pieno essere libero dal vincolo.
Lì può cominciare a espirare. Naturalmente comincia anche prima; quando una persona entra nella via spirituale spesso non è arrivata a questo compimento della propria identità, a questa piena maturazione, a questo pieno splendore nell’umano e si trova a percorrere le due strade contemporaneamente: da un lato la via dell’imparare a mollare e ad arrendersi, dall’altro, nello stesso tempo, la strada dell’imparare a pronunciare il proprio nome senza più avere paura.
Ancora una parte del suo viaggio umano la deve fare, deve espirare; ha gettato le basi ed è sorta una quiete rispetto alla propria manifestazione.
Secondo me, gran parte di quelle persone che si affacciano alla via interiore hanno compiuto un lungo tratto di strada sulla via della propria manifestazione come individui, perché il poter dire: “Ma che mi importa?” e cominciare ad abbandonare, è un lusso che si può permettere chi già ha maturato una intima espressione di sé.
Chi non ha sperimentato compiutamente, ancora brama, ha desiderio, rincorre quella espressione piena. Che cosa porta un uomo a cominciare ad espirare?
G: Il dolore.


[1] R: Roberto, G: Giulia
[2] Nella prima edizione il libro è uscito con questo titolo.
[3] Con il termine mente si intende la capacità cognitiva dell’uomo ma anche, più estesamente, il suo corpo mentale; si intende anche l’ego, o io, o sé inferiore, o identità. La mente/identità è la risultante della relazione tra esperienza fisica, emotiva, cognitiva e viene concepita come espressione, veicolo della coscienza: ciò che sorge nella coscienza trova espressione nello spazio-tempo attraverso il veicolo dell’identità/mente. In alcuni passaggi del libro il termine mente diventa più estensivo: si intende con esso tutto ciò che è duale, non unitario; tutto ciò che viene vissuto ed interpretato come divenire che ottunde l’esperienza dell’essere.
[4] Più avanti descriveremo la funzione della coscienza e la sua relazione con la mente/ego/identità.
[5] Qui non entriamo nel merito di che cosa spinga la mente a compiere questo processo; è evidente, ai nostri occhi, che su qualunque piano della manifestazione ci si collochi, esistono dei processi che obbediscono a delle logiche intrinseche alla manifestazione stessa, esistono delle leggi insomma, un programma secondo cui tutto si svolge. Qui non interessa l’analisi del come ciò avvenga, ci rivolgiamo semmai, per comprendere, all’esperienza della natura intima della realtà sperimentata attraverso l’atto contemplativo.