Un discepolo non può solo reagire

È un tema questo che mi insegue da un trentennio, la rigidità di funzione tra l’azione del maestro e la reazione del discepolo: pare non si possa uscire da questa cristallizzazione ma essa paralizza il flusso vibratorio e creativo.

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La vita ci mette il necessario sotto gli occhi [sentiero15]

Imparare per me ha corrisposto a uno stemperarsi delle emozioni che, spesso, nella fase di definizione dell’identità, sono state sovrastanti. E il processo è stato ripetere e ripetere, sperimentare e sperimentare, osservare e osservare, sentire e sentire. Però il momento in cui si impara sembra quasi invisibile.

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L’accoglienza interrogante, la relazione maestro discepolo

Le parole dette ieri da Roberto in “Via del Monaco” mi sono parse davvero fondamentali sotto diversi aspetti. Ho ripreso, tagliato e riportato qui un parte di quelle parole, evidenziando in grassetto alcuni nodi essenziali sui quali “sostare”, riflettere e interiorizzare.

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Il ‘riconoscimento’ nel rapporto discepolo/maestro

Le identità, per loro natura, vogliono essere riconosciute nella loro alterità: a una identità non interessa sentirsi fusa a un’altra, se non per l’esperienza in sé, per la novità e per quello che può provare. La fusione la minaccia e la annulla, di conseguenza non la brama, ma, alla lunga, la teme.

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