La mente crea idoli e miti

[…] Il saggio, per definizione, vede le cose come le vede Dio stesso perché, penetrando in sé, è immerso in Dio. Al fondo della sua contingenza, ha scoperto l’essere; al fondo della sua distinzione, l’unità indivisibile; al fondo del tempo, l’eternità stessa. Egli è passato sul piano della vita eterna, è penetrato nel regno di Dio.
Ma come spiegare meglio? E’ diventato un solo spirito con Dio. E’ affondato in Dio, il suo pensiero è affondato, il suo volere è affondato, il suo io non esiste più. E’ entrato nel suo Io divino […] Henry Le Saux, Diario spirituale, pag. 154, Mondadori.
Ciò che Henry dice è ampiamente condiviso da uno stuolo di discepoli e di maestri sparsi nel tempo.
A me mette solo disagio: perché?

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Il letamaio, il monachesimo nuovo

Le menti sono organismi che si adattano, se vivono in un letamaio alla fine non ne sentono più l’odore.
Vi racconto un fatto, vero e semplice: due bambini, fratelli, si stanno azzuffando per gioco. La nonna interviene per separarli, il più grande dice: “Nonna, lasciaci liberi!”. La nonna: “Da grandi sarete liberi!”. Allora interviene il più piccolo, 5 anni: “Bella libertà la vostra, lavorate sempre!”.
All’inizio della mia vita, quando ero un ragazzo, mi era chiaro che non volevo vivere in batteria, come un pollo, stretto nella morsa dei ritmi del lavoro e dei bisogni da ignorante e inconsapevole, costretto ad una normalità abbruttente fatta di valori che per me non significavano niente.
Appena dopo pochi anni comincia la militanza politica, non a caso nell’anarchismo che si era configurato ai miei occhi come il primo orizzonte non condizionato dai miti del lavoro, della famiglia, della normalità.

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Oltre identità/coscienza

Chiede Marco: “Mi sembra che quello che dici nel post ‘Fin quando tutto parla di noi?’ abbia a che fare con il tema dell’ultimo Essenziale, che era, come tu stesso hai detto, uno stimolo ad andare ancora più in profondità.
Il riconoscere ciò che si presenta come qualcosa che parla di noi è già un passo avanti rispetto al lamentarsi e all’attribuire agli altri le nostre reazioni, ma evidentemente non ci si può fermare lì.
Finché siamo noi il punto di arrivo di tutto, l’ego comunque trova pane per i suoi denti.
All’Essenziale ci hai fatto notare come facilmente l’ego possa nascondersi anche dietro i gesti, almeno apparentemente, più altruistici.
Il protagonismo, l’essere comunque al centro di una realtà sentita come propria è sempre dietro l’angolo.

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La consapevolezza di essersi persi

L’orgoglio e la presunzione sono tra le principali e più diffuse malattie in ambito spirituale.
Uso il termine malattie non a caso: in una via interiore non si parla di malattie ma di simboli; nel mondo, nell’inconsapevolezza, si parla di malattie, di un qualcosa che ti colpisce e non ti rendi conto di come è arrivato, della sua portata, di come uscirne.
Quando ci si inoltra in un cammino interiore e spirituale si è sospinti da un bisogno, ma anche da una chiamata, una spinta se preferite: qualcosa in noi ci induce ad iniziare, a frequentare, ad impegnarci e a perseverare.
Nel tempo, quella chiamata, o spinta, sembra affievolirsi: in realtà è posta in secondo piano dall’affacciarsi della mente che, oramai confidente con il nuovo ambiente e con i termini del paradigma in cui è inserita, torna in primo piano.

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Le domande necessarie

Dice Caterina: Come essere umano ho tanti limiti e non posso decidere gli accadimenti. Farsi troppe domande su quello che ci succede é abbastanza inutile. E comunque é sempre l’accadimento perfetto per noi. La mente fa casino: “Perché è successo? Perché andavo di fretta? Bla bla…” Senza il casino ci sono solo i fatti che accadono. Cos’è il libero arbitrio?
– Il fatto che ciò che accade sia perfetto per noi non significa che non debba interpellarci.
– Certo, se non ci poniamo domande, ci sono solo i fatti, ma è questo un atteggiamento giusto?
– Non ha forse una sua funzione il domandarsi della mente?

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La necessità delle esperienze

Si chiede Caterina: “La coscienza ha bisogno di attingere ai dati che le servono. Può aver bisogno di attingere da un’adozione, da un bambino di zero giorni, o dalla vendita di organi. Se regolamentiamo qualcosa possiamo cambiare i dati che servono alla coscienza di qualcuno? A quella coscienza servono i discorsi su cosa è giusto? Nel divenire un venditore di organi può attingere dati dai discorsi di qualcuno e cambiare idea? Anche sì, anche no. Quindi non si può far nulla. All’infuori che rispettare tutte le esperienze che servono alla coscienza. E aspettare che le esperienze si esauriscano?”
Una coscienza è spinta dalla necessità di acquisire comprensioni e in questo suo tentativo non è la morale a trattenerla.

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Grillo, la mente, il pieno, il vuoto

Se avete tempo leggete il resoconto di Michele Serra sullo spettacolo di Beppe Grillo a Milano apparso sull’ultimo numero dell’Espresso.
Secondo Serra lo spettacolo è indigesto a causa della quantità e della velocità dei contenuti proposti e del loro essere solo abbozzati non permettendo l’affollamento nessun approfondimento. Inoltre Serra evidenzia la corrente di complottismo, vittimismo, acredine che attraversa la narrazione grillina.
Se guardate il blog non troverete qualcosa di molto diverso: quantità, su tutto; complotto quasi dietro ogni fatto.
Perché parlo di Grillo? Perché è un evidente caso di eccesso di mente e perché ritengo che l’eccesso di mente sia un pericolo grave per sé e, quando riguarda una persona con una funzione pubblica, per tutti.

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I segni di un nuovo sentire

Ciò che è stato e che è come realtà sociale e personale è ampiamente condizionato dalle logiche della mente: dividere, giudicare, competere.
Guardando alla storia passata mi sembra che questo emerga con chiarezza; guardando a quella attuale ci cono segni di un cambiamento di tendenza.
Prendo ad esempio il processo di unificazione europeo: da singoli e sovrani stati, a comunità di stati e forse, domani, a federazione sovranazionale dove gli stati nazionali saranno drasticamente ridimensionati al ruolo di regioni territoriali e amministrative.
Questo processo, così travagliato e dagli esiti decisamente incerti, non è forse il passaggio dalla divisione alla collaborazione, condivisione, cooperazione, fusione degli intenti e dei mezzi?

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