Il giusto atteggiamento mentre tutto cambia

Quello che segue è il commento che Leonardo di Officina Essenziale ha scritto al post “Finché ci manca qualcosa e la vita nell’essere“: per la sua rilevanza, perché parla di e a tutti coloro che percorrono il Sentiero, lo pubblico come post. Grazie.

Leggendo i post di questi giorni era comparso in me un sentimento quasi di paura e di smarrimento. Si parlava di abbandono del senso, di abbandono della propria centralità come soggetto apprendente (“per sé”), infine della scomparsa della dimensione della ricerca. Vertigine e disorientamento.
Di primo acchitto sorge la domanda: allora chi sono “io”? Cosa ne è della “mia” vita? Dov’è la “mia” umanità?

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Il pensiero non è la mente e riconosce “ciò che è”

[…] Il pensiero, libero dalla prigione della mente umana, ha una naturalità che è in sintonia con ciò che c’è e si mantiene fisso sul continuo apparire e scomparire che rende semplice ogni attimo. Mentre il pensiero, assoggettato alla vostra mente, sovrappone all’aprirsi e chiudersi della vita il tempo della continuità e del trascinamento che rende complesso il mondo intorno a voi.
Colui che non trascina con sé, nei pensieri, i fatti e gli esseri che si presentano, incontra una realtà di atti semplici. Quell’uomo diviene libero dal peso che il passato esercitava su di lui, e riconosce il suo essere disconnesso.

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La vita senza il “dover essere”

Se tolgo all’umano lo sforzo e la tensione creata dal dover essere qualcosa, qualcuno, cosa gli rimane?
Se non siamo più quella corda tesa pronta a scoccare una freccia, a raggiungere un obbiettivo, ad avere uno scopo, a realizzarsi, di cosa si sostanziano il nostro presente e il nostro domani?
Siamo dunque i nostri obbiettivi, i nostri giudizi, le nostre aspettative? Direi di si, siamo quello e, senza quello, ci sembra di non essere.
Eppure c’è un mondo molto vasto che si apre quando usciamo dalla morsa del dover essere, del dover costruire, del dover ricercare senso ed è costituito, intessuto, dall’accadere dei semplici fatti.

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La mente può essere più indietro del sentire

A volte nella mente possono affiorare contenuti che ci disorientano, aspetti che non dovrebbero essere lì perché, evidentemente, non sono che cascami, residui del grande scorrere dei dati tra esperienza e coscienza.
Il corpo mentale, come il corpo astrale, stanno nel mezzo tra coscienza ed azione/esperienza: attraverso essi transita il flusso di dati che proviene dalla coscienza e che è da essi decodificato e reso disponibile al corpo immediatamente sottostante, come transita il flusso di dati di ritorno dall’esperienza che sale verso la coscienza ed anche in questo caso passa attraverso il sistema delle decodifiche.

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Fantasmi della mente

d-30x30Fantasmi della mente. Dizionario del

Quelli che le Guide hanno denominato «fantasmi della mente» si creano quando l’individuo sta cercando di trovare una soluzione a qualche situazione ma non ha tutti gli elementi indispensabili per trovarla. Accade, così, che questa idea continui a percorrere un circolo all’interno del suo essere e a rimanervi senza riuscire a sciogliersi fino a quando non troverà sfogo in una soluzione di qualche tipo scaturita dall’acquisizione di nuove esperienze all’interno del piano fisico.

Messaggio esemplificativo

Chi tra voi non ha dei dei fantasmi che, ricorrentemente, lo perseguitano nel corso delle sue giornate? Chi tra voi non ha paure, timori o desideri che lo tormentano nel corso della sua esistenza? Nessuno, penso. Vi siete chiesti alcune cose su quello che così abbiamo denominato, ma quello che non vi siete chiesti, in realtà, è come nascono questi fantasmi della mente, Qual è la loro genesi, da dove provengono e per quale motivo si vanno a formare all’interno dell’individuo incarnato. Moti

Per comprendere questo aspetto bisogna, per prima cosa, non cadere nell’errore, come mi è parso di avvertire, di concepire il corpo mentale come il caput mundi dell’individuo incarnato, come il corpo inferiore più importante tra quelli che l’individuo possiede, perché non è così.
Certamente il corpo mentale ha una grande importanza, in quanto senza il corpo mentale tutti voi non riuscireste a ragionare – non con questo che sempre ragioniate! – tuttavia se non vi fosse il corpo mentale certamente nessuno di voi riuscirebbe mai a ragionare!
Però bisogna tener conto del fatto che il corpo mentale basa i suoi ragionamenti, i suoi processi deduttivi e cognitivi, sugli elementi che vengono a lui dall’esperienza vissuta dall’individuo all’interno del piano fisico. Quindi, se il corpo mentale non avesse le sensazioni del corpo fisico e le emozioni ed i desideri del corpo astrale, certamente non avrebbe gli elementi sui quali fondare i propri ragionamenti.
Voi direte: «Ma al corpo mentale arrivano, però, le spinte dal corpo della coscienza: potrebbero bastare queste per indurre il corpo mentale a produrre dei ragionamenti», giusto? Certamente, in teoria potrebbe essere così, ma soltanto in teoria perché anche il corpo della coscienza, a sua volta, riceve di ritorno dal corpo fisico, dal corpo astrale, dal corpo mentale gli elementi tratti dalla vita all’interno del piano fisico per acquisire il sentire, e ciò che poi rimanda al corpo mentale arriva al corpo mentale attraverso questi elementi conosciuti, quindi sempre in dipendenza di questo flusso di informazioni che passa attraverso i corpi inferiori.
Non vi è, in questo anello di vibrazioni che passano attraverso i corpi inferiori dell’uomo incarnato, nessuna parte che sia più importante o meno importante: tutte sono importanti allo stesso modo e tutte sono dotate tra di loro di una certa sincronicità, ovvero lavorano praticamente contemporaneamente sui dati che entrano in circolo all’interno dell’individuo.
Come nascono allora, figli, i fantasmi della mente? Scifo

I fantasmi della mente nascono dall’illusione, ma è possibile che il corpo mentale si illuda? Quale può essere l’illusione data dal corpo mentale? In fondo, per sua stessa natura, esso ragiona lucidamente, direi freddamente, esaminando consequenzialmente le catene logiche che compongono i pensieri e, quindi, partendo da un punto, esamina i dati correlati a questo punto per arrivare, alla fine, alla conclusione.
Come può nascere, allora, il fantasma?
Se ci pensate un attimo, la risposta, alla fin fine, è abbastanza semplice: infatti, come diceva prima il fratello Scifo, ricordate che la sinergia tra i vari corpi, è sempre in atto, non sono mai ognuno a se stante e in condizioni di lavorare da soli, quindi, bisogna ricordare che al corpo mentale arriva anche ciò che sta vivendo il corpo fisico e ciò che sta vivendo il corpo astrale, attraverso i dati che essi sperimentano.
Ora, allorché al corpo mentale arrivano questi dati, può accadere che essi forniscano degli elementi illusori. Prendiamo l’esempio di un terremoto: il corpo fisico avverte questo tremito della crosta terreste e avvertire questo tremito fa inviare dal corpo fisico la percezione fisica di questo tremito al corpo mentale. Se non vi fossero altre interferenze da parte delle altre componenti destinate a completare l’esperienza, il corpo mentale farebbe due più due uguale quattro, ovvero: il corpo fisico ha avvertito un movimento del terreno. Significa, perciò, che il terreno si sta muovendo, punto e basta.
Ma mentre il corpo fisico avverte il movimento si mettono in moto gli altri meccanismi tipici dell’insieme dei corpi inferiori dell’individuo, ed ecco che il corpo fisico prova una sensazione di disagio perché non riesce più a mantenere il perfetto controllo dei suoi movimenti e si sente squilibrato rispetto alla terra su cui poggia i piedi, cosicché prova una sensazione spiacevole; questa sensazione spiacevole provoca il desiderio, naturalmente, che la sensazione possa finire, in modo che il disagio sparisca; questo a sua volta porta con sé la paura, anch’essa un’altra emozione, che il disagio possa continuare per sempre, quindi, il corpo astrale invia questi dati verso il corpo mentale, affinché vengano elaborati. A quel punto il corpo mentale mette assieme tutto ciò che ha ricevuto e quello che è il risultato viene – come si può dire – «trasformato» in un fantasma fatto di paura e di disagio, perché il suo due più due che prima veniva quattro, adesso è un’incognita che non riesce a elaborare o a comprendere.
Questo è tipico, ad esempio, di tutte le volte in cui capitate in una situazione nel corso delle vostre vite in cui dovete affrontare qualcosa che non conoscete e, quindi, vi spaventa: il processo che in voi si mette in moto fa sì da creare all’interno del vostro corpo mentale una risposta con una incognita, alla quale il corpo mentale cerca, attraverso i dati, la razionalità e i suoi processi logici, di dare una soluzione per ottenere la tranquillità dei corpi inferiori, e siccome non riesce a ottenere, con i pochi dati che ha, ciò che desidera, non può fare altro che cercare di dedurre quale può essere la soluzione, quale può essere la motivazione per il suo stato interiore, e la deduzione, naturalmente, è qualche cosa di diverso dall’esame logico, razionale delle concatenazione dei fatti ma vuol dire aggiungere qualche cosa in più che non è certo; questa aggiunta di fattore non certo, è un’incognita che il corpo mentale aggiunge al suo processo elaborativo per cercare di stabilizzare il pensiero che sta formando in modo da creare una situazione di equilibrio.
Se la sua deduzione è giusta, il fantasma non si creerà, se la deduzione, invece, è sbagliata ecco che si creerà all’interno del corpo mentale una sorta di forma-pensiero in cui è impressa questa deduzione ancora in attesa di essere trasformata in forma definitiva e giusta: questo è il fantasma della mente, che resterà come schema all’interno del corpo mentale, come schema razionale, deduttivo, che però deve essere ancora provato e, quindi, deve passare ancora attraverso l’esperienza, cioè deve ancora avere i dati provenienti da nuove esperienze del corpo fisico e da nuove reazioni del corpo astrale.
Il corpo mentale può, quindi, contenere in sé degli elementi illusori che noi abbiamo chiamato fantasmi. Moti

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima, pag. 120-123, Edizione privata

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior

Il lutto della mente nella via spirituale

Mi dice un’amica e sorella in questo cammino, di come le sia cambiato l’umore da quando pratica senza sosta la disconnessione, il ritorno a zero, al presente che accade: la pervade uno stato di neutralità con l’umore mai acceso, ma piuttosto colorato da una lieve malinconia e apatia.
E’ una condizione che ben conoscono le persone che hanno una lunga confidenza con la via interiore e spirituale e che accomuna tutti coloro che coltivano senza sosta la consapevolezza del presente e, con essa, l’incessante disconnessione dal contenuto mentale ed emozionale e dall’identificazione con ciò che accade.

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In merito alla lotta interiore e all’esperienza della conoscenza

Ho letto il testo di Enzo Bianchi “La libertà nasce dalla lotta interiore“, curiosa perché avevo sentito parlare molto bene di questo monaco, e confesso che a un primo approccio mi è risultato assolutamente incomprensibile e non perché usasse un linguaggio complesso, o i concetti espressi fossero difficili.
Mi sono interrogata riguardo questa sensazione e credo che il problema stia nel fatto che dice tutto e niente, come se l’autore desse per scontate molte cose, usasse le parole nella generalità del loro significato, segno di un dire senza il peso dell’esperienza soggettiva, della responsabilità soggettiva.

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Contemplazione e noia

Conosce la noia il contemplativo? Non Credo.
L’esperienza della noia viene generata dall’identità e siccome l’identità non è un corpo ma una interpretazione di sé, se quell’interpretazione è stata vista e sviscerata, conosciuta e disidentificata, i suoi frutti non crescono più, o crescono marginalmente, sull’albero delle esperienze.
La persona della via spirituale conosce il racconto su di sé e sulla vita che narra la sua identità; l’esperienza che gli deriva dalla lunga frequentazione l’ha portata a non credere, a non aderire a quel racconto: se la persona non ha più come campo base il narrato identitario, dove mette i picchetti della sua tenda?
Nel sentire di coscienza e da quella postazione osserva l’ampio panorama sottostante.

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L’ecologia della mente nella via spirituale

Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Genesi 3, 9-10
Il “dove sei” non è certo rivolto alla collocazione fisica, la domanda investiga dove l’uomo ha appoggiato la propria attenzione, la consapevolezza e la relazione che intrattiene con sé e il proprio interiore.
“Ho paura e sono nudo”: nudo davanti ai miei limiti, bisogni, desideri, giudizi, aspettative; pieno di paura perché privo di strumenti per governarli e temo di esserne travolto.

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Sulla limitata attitudine alla discussione nel Sentiero

In più di due decenni di attività, ogni tanto qualcuno ha obiettato che nel Sentiero si discute poco.
E’ così, è un’evidenza. Accade perché le persone del Sentiero sono delle pecorone? Perché sono succubi di una personalità forte e dominante? Se volete, credetelo pure.
La realtà, dal nostro punto di vista, è molto differente.
Il Sentiero sorge dal sentire e al sentire è rivolto.
Non sorge dalla mente e alle menti parla e, quindi e inevitabilmente, alle regole divisorie delle menti sottostà.

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