Mi diceva una sorella, giorni fa: io mi immergo nelle questioni del mondo che divengono tutta la mia esistenza e ogni tanto riemergo con una inquietudine, ed è quella inquietudine che mi riconnette alla Via.
monaco
La continuità nella consapevolezza unitaria
Il processo di unificazione richiede una continuità, una ritmicità serrata della consapevolezza unitaria. Non è possibile una consapevolezza unitaria permanente, pertanto c’è un perderla e un ritrovarla, ma il ritmo deve essere serrato.
La vita monastica nel medioevo19: lo scriptorium e la biblioteca
Copiare (scribere) manoscritti sembra, all’immaginazione popolare di oggi, essere stata l’attività per eccellenza dei monaci. E benché, come abbiamo visto, essi non si siano limitati a questo solo genere di lavoro (tutt’altro!), bisogna riconoscere che questo lavoro ebbe sempre una grande importanza spirituale ai loro occhi.
La vita monastica nel medioevo18: il lavoro
Mosso dalla sua volontà di vivere una vita di perfezione in tutto conforme al messaggio evangelico, spiegato dalla regola, il religioso intende impegnarsi in una vita che, per definizione, non può apportargli alcun guadagno materiale o sociale. Egli vive fuori dal secolo, che fugge.
La vita monastica nel medioevo17: il morire
Se la condizione del malato si aggrava, l’infermiere avvertirà l’abate. Accompagnato da alcuni fratelli, il priore va a visitare il malato. Se il caso è disperato, i fratelli recitano tre orazioni: il malato sa a cosa va incontro. Egli pronuncia il Confiteor, se può ancora parlare, altrimenti l’abate lo recita per lui.
La vita monastica nel medioevo16: la malattia
Un monaco non ha eccessiva cura di sé, né si lamenta mai: «i tuoi mali restino tra Dio e te». Se un fratello voleva prendere una medicina in assenza del padre abate, «medico delle anime» (c. 27,4 e 20,8-18), egli doveva ottenere previamente il permesso (venia) del capitolo e chiedere di pregare per lui.
La vita monastica nel medioevo15: le ‘liturgie’ della tavola
L’uomo del Medioevo ignora l’intimità. Egli non ha alcuna possibilità d’isolarsi. Tutti entrano nell’intimità dell’altro. In principio i monaci non dovevano soffrire di questo stato di cose. Ma, bisogna ricordarlo, essi vivono costantemente in una comunità piccola e stabile e sono in permanenza sottomessi ai duri doveri dell’osservanza e della disciplina claustrale.
A MONASTICISM FOR THOSE WITH NO RELIGION WITHIN THE THIRD MILLENNIUM
It is called the great heart, the heart that is like the great mountain, like the great ocean, the heart that is not one-sided, not partisan. If he carries a ‘ryō’ in his hand, he does not consider it light; if he lifts a ‘kin’, he does not think it heavy.