Abitare il deserto interiore come la migliore delle case

Proseguo il ragionare iniziato nel post Un nuovo monachesimo per i senza religione.
Esiste un monaco senza casa, senza appartenenza, senza adesione, senza riti, senza miti, senza santi, senza consolazioni, senza ricerca, senza ascesi.
Esiste un monaco che risiede nella vita come la rena sulla battigia e come questa si fa lavorare dal ritmo del mare, dallo scorrere della vita tra divenire ed eternità.
Esiste un monaco che intenzionalmente non vuole andare da nessuna parte, che non ha alcun regno da realizzare, alcuna illuminazione da conseguire.
Esiste un monaco piegato al quotidiano che è apprendimento ineluttabile e contemplazione scelta, coltivata, facilitata, lasciata accadere, accolta.
Esiste un monaco che abita uno spazio sconfinato, libero dalle cianfrusaglie, che non ha scopo se non il vivere in quella duplice disposizione

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Un nuovo monachesimo per i senza religione

“Per parlare a Dio non c’è altro da fare che leggere, ascoltare, ruminare e poi ridire a Dio tutto ciò che Lui ci ha detto, dopo aver trasfuso in quelle parole tutto il pensiero, tutto l’amore e tutta la vita. La parola di Dio diventa così il luogo e il mezzo dell’incontro con Lui. ” (M. Magrassi, La preghiera a Cluny e a Citeaux, pag. 640, in La preghiera nella bibbia e nella tradizione patristica e monastica, ed. Paoline)
Da Dio a Dio attraverso l’umano che risuona come uno strumento, questo è il percorso interno alla preghiera cristiana.
E in noi che non frequentiamo quella modalità, ma solo la contemplazione del reale?

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Il tempo necessario per contemplare il reale

Ho avuto bisogno di tempo, di molto tempo, di una vita intera da dedicare all’osservazione, all’ascolto, allo stare.
Non avrei potuto vivere diversamente da come ho vissuto e da come vivo: il tempo altro non è che la possibilità di guardare nell’abisso.
Una possibilità che si ripete, che viene offerta ogni giorno, ad ogni ora.
Ho avuto bisogno che il mondo non vorticasse, che la mia mente fosse vuota il più possibile affinché potesse affluire il ciò-che-è.
Non essendo prigioniero del tempo imposto, non dovendo sottostare ai bisogni miei, ho potuto dedicare la grande parte delle energie alla contemplazione del reale, di ciò-che-è, di ciò-che-viene-senza-scopo.

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Stati e stadi dell’esperienza spirituale e del cammino interiore

Pubblico degli stralci di una lettera che mi ha scritto una lettrice con cui da tempo sono in contatto, e poi provo ad analizzarne delle parti significative per il cammino interiore di molti che vivono quanto la persona descrive e, magari, non riescono a vedere e analizzare con altrettanta chiarezza la loro situazione esistenziale. Naturalmente, non mi limito alle considerazioni che la nostra amica fa, ma da esse parto per sviluppare un tema così come oggi lo comprendo, senza pretesa di completezza nella trattazione.

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Lo specchio interiore, il giusto e il vero

Vi racconto un’esperienza accaduta ad una persona che frequenta questo Sentiero.
Questa persona va in un ipermercato per comperare dei libri che le interessano e che sono particolarmente scontati. Trova i libri, va alla cassa automatica, paga e si avvia verso l’uscita. Strada facendo riflette sulla cifra complessiva spesa e si avvede che è troppo bassa: controlla lo scontrino e scopre che risultano pagati due libri mentre essa ne ha presi tre, uno dunque non è stato pagato.
Per un attimo la persona è attraversata dal dubbio: può uscire e far finta di niente, non ci sono ulteriori controlli; o può tornare indietro e sistemare la cosa.
Il dubbio svanisce, la persona torna indietro e paga il libro non registrato precedentemente.

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