Tratteggio di seguito alcune considerazioni stimolate dalla lettura del libro: Il cammino del monaco, Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose: sono solo appunti e come tali vanno considerati.
1- L’illusione di poter dedicare l’esistenza a Dio, l’amato. L’esistenza è già di Dio, chi la dedica a chi?
Il monaco dedica la propria vita all’incontro con Dio ma, bisogna precisare, l’artefice dell’incontro non è il monaco, è Dio: quello del monaco è un movimento di apertura, di svelamento, di accoglienza, di resa non di conquista.
Dio non si possiede, si è da Lui posseduti; non lo si raggiunge, si è raggiunti; non lo si conosce, si è conosciuti.
monaco
Il ritmo di una giornata in un monastero trappista
Suona la sveglia: siamo nel cuor della notte, le 2.40; ci si veste in fretta e percorrendo il chiostro semibuio ci si avvia subito alla chiesa. Dalle vetrate si scorge, sul giardino del chiostro, lo stellato chiaro, o il lume della luna che inargenta il tronco della betulla e fa scintillare il vialetto di pietra. Ma la vista più bella è data dai pleniluni sul mare, che si possono scorgere dalle finestre subito dopo il dormitorio: una luna enorme sul mare a specchio, che va dall’argento all’oro, sino ad assumere una sfumatura quasi rosa quando c’è una leggera foschia. Non c’è tempo di fermarsi, ma è come una boccata di bellezza che riempie i polmoni dello spirito, prima di immergersi nella preghiera.
Da ricercatore spirituale a monaco
Ricercatore spirituale: colui che indaga sé ed il proprio rapporto con la realtà con il fine della unificazione interiore.
Monaco: colui che ha trovato il proprio approdo, ha riconosciuto le coordinate del proprio procedere esistenziale e spirituale e dedica la propria esistenza all’unificazione interiore attuata in ogni momento del quotidiano e del feriale.
Il monaco ha riconosciuto, perché ho usato questo termine?
Il ricercatore indaga la realtà ed acquisisce elementi di conoscenza, di consapevolezza e di comprensione: quando questi elementi superano una certa massa critica, nella persona matura una consapevolezza nuova, una visione di sé prima non presente.
Le basi di un nuovo monachesimo. Quasi un manifesto
- Al sentire guardiamo e non alla tradizione del monachesimo.
- Al sentire e non alle religioni.
- Al sentire affidiamo il nostro procedere, a quella comunione che celebra l’incontro di tutti coloro che vibrano all’unisono con il compreso comune.
- Sul sentire confidiamo perché ci conduca in seno all’Assoluto.
Il sentire è ciò che costituisce il compreso delle coscienze: un nuovo monachesimo è pensabile solo nell’ottica della comunione dei sentire.
La necessità della pratica della meditazione e della disconnessione
Una persona della via interiore ha una duplice necessità non derogabile:
– praticare la consapevolezza e la disconnessione dai contenuti mentali ed emotivi dopo che di essi si sia sondata la portata;
– praticare la gratuità della meditazione.
Ho precisato che queste sono necessità non derogabili, cosa significa?
Una via non è semplicemente un cammino di conoscenza e consapevolezza: è un procedere assieme ad altri, è un muoversi all’interno di un processo di unificazione che ha le sue logiche, le sue ecologie, la sua igiene interiore.