La vita che mai riconosciamo abbastanza

Qual è questa vita che mai riconosciamo abbastanza? Quella che abbiamo.
Se la riconoscessimo non cercheremmo senza sosta altro e scenderemmo nel ventre di quello che ogni ora ed ogni giorno si presenta.
Se la riconoscessimo porremmo fine al rosario dei lamenti sulle altrui inadeguatezze e ci porremmo il problema di come accoglierle e di come valorizzarle per quello che sono.
Non metto in dubbio che esistano delle limitazioni, in noi come nell’altro, come nelle scene che bussano e chiedono di essere affrontate: esiste qualcosa che non contenga un limite nel divenire?
La questione non è il limite in sé, ma la sua funzione: ciò che viene, ciò che l’altro porta, nella sua limitazione assolve alla principale delle sue funzioni; quale?

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Basti il poco, il semplice, ciò che ogni giorno viene

La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando riuscirai a tendere un filo continuo
che collegherà la tua coscienza e la tua vita.
La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando non subirai quello che stai vivendo
ma quello che stai vivendo ti servirà come stimolo
per cercare di comprendere quello che veramente vuoi.
La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando riuscirai a trasformare la sofferenza
in una fonte di comprensione e, quindi, di felicità.

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La stabilità interiore è il frutto della pratica meditativa quotidiana

Se il muratore costruisce male le fondamenta, la casa sarà instabile: ciascuno di noi, ogni giorno, getta le basi della stabilità di domani e lo fa scegliendo cosa coltivare e cosa lasciare andare, di cosa nutrirsi e da cosa stare alla larga.
Ogni giorno coltiviamo pensieri, emozioni ed azioni e tutto questo permette di esprimere il compreso, di confrontarci con il non compreso e getta le basi dei passi futuri, di quello che faremo e saremo domani.
Il cammino della conoscenza, della consapevolezza e della comprensione a volte ci conduce in angoli angusti del nostro essere, su sentieri accidentati e qualche volta pericolosi: non potendo evitare di affrontare le sfide del non compreso, come possiamo operare per mantenerci lucidi, equilibrati il più possibile, consapevoli dei processi nei quali siamo immersi?

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La profondità di ogni presente

Scrivo pensando alle amiche e agli amici che hanno problemi di salute, persone concrete che ho bene a mente e risiedono nel mio cuore.
Consiglio la lettura della prima parte di questo testo, sull’importanza dell’effetto placebo nelle terapie.
Le persone che hanno un problema di salute divengono, per necessità e per scelta, più riflessive e introversive: vanno a monitorare il loro stato, le possibili cause, le auspicabili soluzioni.
Si caricano la vita sulle spalle e sanno che il tempo del fuggire, del divagare, dell’inconsapevolezza, dell’onnipotenza adolescenziale è finito.

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Lo stato interiore del risiedere

Un brano di Soggetto, maestro della via della Conoscenza.
La versione integrale.

La via della Conoscenza parla di stare in, di risiedere, che significa essere fissi in ciò che ogni essere porta in sé come radice profonda. Vivere è essere in relazione con ciò che vi circonda, scoprendone una profondità che va al di là della superficie su cui ancora vi attestate: è un mondo che esiste, ma che voi potete intravedere soltanto attraverso fugaci flash che vi fanno intuire che c’è altro che non è possibile trattenere, e far proprio, perché è irriducibile ad ogni pretesa.

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Dare per scontato il presente

Dare per scontato la presenza dell’altro, la situazione di un figlio, l’acquisizione di un diritto, il contenuto di una lettura, il significato di un’espressione.
Il velo della routine copre lo sguardo e la realtà ci sembra conosciuta, l’attenzione diminuisce, la presunzione di sapere e di conoscere ci inorgoglisce.
È allora che perdiamo il contatto con la realtà, se mai lo abbiamo avuto, nella routine del conosciuto, in quella processione di atteggiamenti interiori che danno per scontato ciò che bussa nel presente.

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Proteggere le proprie possibilità

Cos’è una possibilità? Ciò che si presenta nel quotidiano, nella ferialità dei giorni, ed anche, ovviamente, nell’eventuale straordinario.
Ciò che viene, che accade, offre una possibilità di esperienza, di consapevolezza, di comprensione, di contemplazione.
Ciò che viene è portato da coloro che abbiamo attorno: il partner, i figli, gli animali di casa, i compagni di viaggio, gli amici, i colleghi di lavoro.

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L’illusione di una mente intossicata

Dice Luciana nel commento al post Sentire, mente, emozioni: “Se la mente non è più prevalente”, ma quando ti rendi conto che è lei che fa la parte del leone e ti porta dove vuole, e nonostante la ricerca della sensazione fisica, del riportare l’attenzione sul corpo, riesce sempre a farla franca? Perseverare, certo, ma mi viene il dubbio che io non stia agendo nel giusto modo…
Quando la mente non si ferma e continua a cercare, a proiettarsi, a coltivare desiderio, a generare scene e possibilità più o meno reali, significa che non si è ancora ben compresa l’illusorietà del suo operare e ad essa si rimane ancora aderenti.

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Le stagioni dell’umano

Mille stagioni dell’umano legate al divenire, al fare, all’esserci. Altrettante stagioni in cui si insinua il tarlo del superamento del divenire, l’affacciarsi progressivo dell’esperienza dell’essere.
Quando la realtà non è più colta nel suo divenire, cosa diviene?
Quello che è, adesso. Non quello che è stato, né quello che sarà.
Senza via di scampo la realtà è quel piccolo accadere senza aggiunte, senza coloriture.
Solo fatti che accadono.

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La cura di ciò che si ha

Non dovremmo attendere di perdere ciò che abbiamo per apprezzarlo.
Non dovemmo dover dire: “Se avessi fatto!”, “Se fossi stato!”.
Tutti noi abbiamo tante cose, ma quelle che interiormente contano sono poche: alcuni affetti, alcune presenze, alcune possibilità.
Tutte richiedono una piccola cura, una attenzione discreta, uno sguardo leggero.
Una presenza consapevole.