Gli esseri non esistono “per voi”, ma hanno il loro respiro. E nel momento in cui si incrociano è sacralità, e nel momento in cui si separano è sacralità, in quanto è sacro il luogo dove questo accade.
relazione
Le relazioni: voi e il mondo. Il semplice esistere (92)
[…] Però il mondo è altro da voi, il mondo è in sé, anche se voi non fate che guardare ad un mondo “per voi”. Questo fa sì che, rapportandovi con l’altro, mai lo vedete in sé ma sempre “per voi”, cioè in funzione vostra, persino quando pretendete di sapere cosa vada bene per l’altro.
[…] Quando l’impermanenza e l’effimero si impongono all’uomo come nuovo modo di rapportarsi al mondo intorno a lui, egli la smette di guardare alla continuità della relazione e punta l’attenzione sull’unica continuità espressa dalla vita, cioè un ininterrotto presentarsi di ciò che nasce e muore.
Ciò che incontro attraverso te
Ciò che incontro attraverso te non è altro che ciò che devo apprendere.
Ciò che la coscienza genera attraverso me e attraverso te, è l’oggetto del mio apprendere.
Tu sei lo strumento, il mezzo, il testimone che con il suo semplice esserci attiva ogni processo a me necessario.
Tu sei l’attrice, l’attore utile e indispensabile sul mio palcoscenico esistenziale. senza di te nulla potrei né vedere, né comprendere.
Quando ho un conflitto con te, la mia mente ha un conflitto con te, le coscienze non hanno conflitti.
Quando l’altro ci delude
Un caro amico, e una colonna di questo cammino, mi faceva notare quanto pesante gli rimane reggere il limite di alcuni compagni di viaggio che in certi frangenti si mostra in tutta la sua portata.
Come dargli torto? Non gli darò torto, è così, è dura. Ma perché è dura? Per un complesso di ragioni.
1- Perché in noi, perlomeno in quelli che sono più a contatto con la propria natura, è evidente che tutti procediamo insieme e, per farlo, abbiamo bisogno che ciascuno faccia la propria parte. Se tu non fai la tua, non solo a me tocca anche la tua, ma l’organismo, qualunque esso sia, viene ostacolato, rallentato e appesantito nel suo procedere.
La confidenza fraterna
Una via interiore, spirituale, richiede un alto tasso di confidenza fraterna.
I piani della relazione sono molteplici:
– identitario
– esistenziale
– trascendente.
Non esiste persona nella via che non abbia sue questioni identitarie da sistemare e da portare a compimento, di conseguenza le relazioni tra i membri di un cammino e con la loro guida hanno sempre dei risvolti psicologici e immanenti.
Il tentativo di piegare l’altro a sé
Il tentativo di piegare l’altro a sé: le varie forme di seduzione operano questo. Molta parte del sistema educativo e della stessa formazione spirituale e religiosa, manipola l’altro con l’intento di condurlo nel nostro mondo, là dove siamo a nostro agio e riteniamo sia giusto essere per noi e magari anche per l’altro. Perché, di certo, dove siamo noi è giusto essere.
Accade nel rapporto di coppia, nella relazione con i figli: direi che accade sempre fino a quando non abbiamo compreso la sottigliezza del meccanismo, i suoi mille travestimenti, la natura profonda del nostro condizionamento che riverberiamo sull’altro.
Dove arriva la responsabilità dei genitori?
Commentando il post Il tempo e il modo di morire di ciascuno, Natascia si chiede: “Perché la vita mi ha posto di fronte a certe scene, quali resistenze, incomprensioni e limiti hanno determinato quelle scene? E non potevo davvero far nulla per evitarle? Se davvero, come dici, la vita ci pone in più occasioni la possibilità di comprendere, qual’è la mia responsabilità nel non aver compreso?”.
A volte i nostri figli hanno cammini complessi e dolorosi e questo loro procedere inevitabilmente ci interroga e, non di rado, ci suscita un senso di inadeguatezza ed anche di colpa.
Il limite della comunicazione cognitiva
Mi è accaduto più volte, nella mia attività, di trovarmi nella situazione in cui i miei interlocutori si sono eccessivamente focalizzati sulla dimensione cognitiva della nostra relazione, o di una questione in ballo, ed io sempre ho reagito dicendo che non era quella la via e, in seguito, mi sono ritratto dal confronto.
Questo mio comportamento ha provocato sconcerto nei miei interlocutori e, non di rado, è stato motivo di allontanamento.
Mi risulta insopportabile la predominanza della mente nella relazione: mi sento prigioniero in una stanza chiusa e e senz’aria con l’altro che parla e parla attorcigliandosi nei suoi pensieri.
Le mancanze che aiutano
Le mancanze nostre aiutano l’altro, quelle dell’altro aiutano noi. Attraverso la privazione si mostra, si svela il nostro bisogno.
Se l’altro è scorrevole e sempre pronto, non riusciremo a capire, a sapere, a comprendere che cosa veramente ci necessita, cosa è importante e necessario e cosa no.
L’assenza, il limite, la mancanza dell’altro fanno emergere il nostra lamento, a volte il nostro grido di bisognosi e mentre questo accade abbiamo la possibilità di divenire consapevoli di quella nostra modalità e inclinazione, di lavorarla e disconnetterla.
Relazioni virtuali e comunione dei sentire
Nell’ottica duale e separativa, ci sono io, ci sei tu, ci siete voi e tra noi c’è di mezzo lo spazio, il tempo, le vite separate l’una dall’altra.
Nella logica unitaria del sentire, tutto questo non c’è, è superato nell’esperienza della relazione esistenziale.
Al centro c’è la relazione, il fluire senza fine di dati tra coscienza e coscienza, tra coscienza ed identità.
La logica unitaria è simile ad una rete internet immensa in cui tutti i dati vengono scambiati e dove le prossimità di sentire convergono in hub specifici costituendo piccole isole akasiche, isole di sentire di coscienza.