Dove arriva la responsabilità dei genitori?

Commentando il post Il tempo e il modo di morire di ciascuno, Natascia si chiede: “Perché la vita mi ha posto di fronte a certe scene, quali resistenze, incomprensioni e limiti hanno determinato quelle scene? E non potevo davvero far nulla per evitarle? Se davvero, come dici, la vita ci pone in più occasioni la possibilità di comprendere, qual’è la mia responsabilità nel non aver compreso?”.
A volte i nostri figli hanno cammini complessi e dolorosi e questo loro procedere inevitabilmente ci interroga e, non di rado, ci suscita un senso di inadeguatezza ed anche di colpa.

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Il limite della comunicazione cognitiva

Mi è accaduto più volte, nella mia attività, di trovarmi nella situazione in cui i miei interlocutori si sono eccessivamente focalizzati sulla dimensione cognitiva della nostra relazione, o di una questione in ballo, ed io sempre ho reagito dicendo che non era quella la via e, in seguito, mi sono ritratto dal confronto.
Questo mio comportamento ha provocato sconcerto nei miei interlocutori e, non di rado, è stato motivo di allontanamento.
Mi risulta insopportabile la predominanza della mente nella relazione: mi sento prigioniero in una stanza chiusa e e senz’aria con l’altro che parla e parla attorcigliandosi nei suoi pensieri.

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Le mancanze che aiutano

Le mancanze nostre aiutano l’altro, quelle dell’altro aiutano noi. Attraverso la privazione si mostra, si svela il nostro bisogno.
Se l’altro è scorrevole e sempre pronto, non riusciremo a capire, a sapere, a comprendere che cosa veramente ci necessita, cosa è importante e necessario e cosa no.
L’assenza, il limite, la mancanza dell’altro fanno emergere il nostra lamento, a volte il nostro grido di bisognosi e mentre questo accade abbiamo la possibilità di divenire consapevoli di quella nostra modalità e inclinazione, di lavorarla e disconnetterla.

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Relazioni virtuali e comunione dei sentire

Nell’ottica duale e separativa, ci sono io, ci sei tu, ci siete voi e tra noi c’è di mezzo lo spazio, il tempo, le vite separate l’una dall’altra.
Nella logica unitaria del sentire, tutto questo non c’è, è superato nell’esperienza della relazione esistenziale.
Al centro c’è la relazione, il fluire senza fine di dati tra coscienza e coscienza, tra coscienza ed identità.
La logica unitaria è simile ad una rete internet immensa in cui tutti i dati vengono scambiati e dove le prossimità di sentire convergono in hub specifici costituendo piccole isole akasiche, isole di sentire di coscienza.

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Il procedere assieme

Parlavamo ieri con due compagni di viaggio della esperienza del procedere assieme.
Una di loro osservava come non si sente comunità e come attribuisce a questa mancanza un valore negativo.
Rispondevo che la questione non è lì: la mente si sente comunità, sente cioè di appartenere ad un archetipo transitorio con certe caratteristiche, una certa vocazione e una certa funzione.
Nel Sentiero abbiamo una comunità, ma non è qualcosa di convenzionale: è la comunità di coloro che procedono assieme nel cammino della conoscenza, della consapevolezza, della comprensione. E’ un’officina esistenziale, un insieme di strumenti e di possibilità.

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L’amore che attraversa l’umano

Potrei dire che l’umano è attraversato dall’amore di Dio ma, così dicendo, affermerei che umano e divino sono due entità separate e la prima beneficia dell’amore della seconda. Così non è.
L’amore che figurativamente attraversa l’umano è in realtà la consapevolezza dell’amore che lo costituisce e che l’umano avverte come processo, flusso, attraversamento.
L’amore che lo costituisce, che lo intesse: natura della sua natura. Inseparabile, indivisibile, mai divenuti due se non nel perdersi dell’umano, o nel non essersi ancora trovato.
Gli amanti cercano nella loro relazione quella indivisibilità e sperimentano l’illusione e l’impermanenza dell’amore umano ma, mentre sperimentano, comprendono anche che ciò che loro accade in realtà prefigura altro che va ben oltre le loro promesse, le loro effusioni, le loro fusioni.

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Accettare di stare in relazione

Dice Nicoletta nel commento al post Oltre la paura, il gioco“A lui pensa la vita”. Forse la vita pensa attraverso noi? Cioè voglio dire, noi forse siamo strumenti affinché la vita possa aiutare..
Certamente, siamo strumenti. In sé non esiste una vita che governa e preordina, esistono semmai leggi che indirizzano le vite in una direzione o in un’altra.
Non c’è un Assoluto che crea le vite, semmai ci sono le vite espressione dei molti gradi del sentire assoluto.
Ciascuna vita obbedisce allo scopo per cui una coscienza l’ha generata: la vita di quel figlio, di quel partner, la vita nostra hanno un’origine, una direzione, uno scopo e un’epilogo nel sentire di coscienza inscritti.

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