Un piccolo mondo insignificante

Di cosa è fatto questo piccolo mondo? E’ esattamente il mondo di prima, quel mondo che mai vediamo veramente, quel piccolo mondo fatto di cose che consideriamo normalmente insignificanti. La tovaglia sul tavolo, le molliche di pane, l’odore dell’aglio, un’ombra sul muro, la parola di un interlocutore, un desiderio che improvvisamente sorge, un pensiero che attraversa la mente come una nube in un cielo d’estate.
Il mondo non è cambiato, sono cambiati gli occhi dell’osservatore che si è aperto ad una consapevolezza nuova: sono occhi che hanno smesso di giudicare, di avere aspettative, di lamentarsi. Sono gli occhi di chi ha imparato a stare lì, in quel piccolo fatto che accade adesso, sapendo che la vita è quello che accade ora, solo questa è vita, il resto è racconto della mente.
La vita accade solo nel presente; il passato e il futuro sono il regno della mente e lì non trovi la vita. Nell’adesso accadono piccole cose, veramente piccole: se la persona ha coltivato un abbandono, un’accoglienza, un distacco, quelle piccole cose assumono una pregnanza particolare, una pienezza mai prima sperimentata.
Quando la persona si libera dei suoi meccanismi mentali allora sorge la realtà, che non ha nulla di straordinario ma, nella sua ordinarietà, porta con sé una meraviglia e uno stupore che colmano una vita.
La realtà si manifesta quando la persona si placa, quando nella mente si crea uno spazio: allora sorge l’esperienza del contemplare il pensiero, l’emozione e l’azione che vengono colti e vissuti come “presente assoluto”.
La meditazione è quello sguardo profondo; la contemplazione quell’essere sguardo dove solo lo sguardo esiste, non colui che osserva.
La persona che ha imparato a non fuggire, che è passata attraverso la conoscenza e la consapevolezza di sé, può giungere a questa esperienza di un presente privo di condizionamento ed assolutamente nuovo nella sua ordinarietà.

Conoscenza e consapevolezza di sé

Il sentiero propone la possibilità di stare davanti alla vita a partire da ciò che si è e da ciò che la vita è, quindi a partire dalla capacità di imparare ad accogliere se stessi, l’altro da sé e ciò che la vita propone, a volte con una carezza, altre con un ceffone.
Quindi il primo concetto chiave è imparare ad accogliere.
Accogliere non significa subire, né rassegnarsi, né sottomettersi: è una cosa completamente diversa.
Per cominciare ad accogliere è necessario imparare a sviluppare una diversa visione di sé e della vita: l’accoglienza poggia su di una diversa comprensione.
Che cosa va compreso? Il nostro modo di pensare, di provare emozioni, di agire. Come?
Osservandosi, divenendo consapevoli dei nostri pensieri, delle nostre emozioni e delle nostre azioni.
L’osservazione e la consapevolezza di sé sono i primi passaggi: osservandoci mentre accadiamo possiamo vedere i meccanismi mentali che ci governano, come le emozioni ci condizionano, come le azioni ci sfuggono di mano o non sorgono.
Se abbiamo consapevolezza della portata di ciò che sta accadendo, allora possiamo cominciare anche a prendere una distanza da quelle modalità, ma questo è possibile solo se siamo consapevoli, altrimenti siamo destinati ad essere vittime dei nostri meccanismi.
Il distacco è il secondo passaggio fondamentale: come si fa a distaccarsi da un’emozione che ci travolge o da un pensiero ossessivo, da un’ansia, o da una compulsione a compiere una certa azione?
Ti distacchi da:
-ciò di cui hai consapevolezza;
-ciò di cui sei stanco.
Non ti distacchi da ciò che non vedi e che non ti ha ancora sufficientemente stancato, ma soprattutto non puoi distaccarti da niente se non capisci come funziona la mente[1].
La mente è un organismo che si autoalimenta e si autostruttura sulla base di continui stimoli che ha bisogno di ricevere: per la mente è del tutto indifferente che uno stimolo sia costruttivo o distruttivo, entrambi la eccitano, le forniscono energia e senso di esistere.
La mente è un organismo che si nutre nello sballottamento, nel pianto come nel riso, nell’eccitazione come nell’apatia.
Se non si comprende come funziona la mente non è possibile un vero distacco dai meccanismi che ci governano.
Questo è il centro del lavoro nel sentiero contemplativo: l’osservazione della mente, la comprensione del meccanismo mentale, la stanchezza, la presa di distanza: conoscenza di sé e consapevolezza.
Quando si è imparato a distaccarsi inizia a sorgere un piccolo mondo fino ad allora nascosto, non perché non ci fosse, semplicemente non si avevano gli occhi per vederlo.
All’orizzonte comincia a configurarsi l’esperienza che può aprire alla pratica della meditazione e della contemplazione da cui verrà generata la comprensione.
La sequenza allora diventa:
-conoscenza di sé → imparando come funziona la mente
-consapevolezza → osservando la mente e disconnettendo dal suo operare
-comprensione → è la risultante del processo del vivere, sempre e in tutti gli individui: è sostenuta, facilitata e favorita dalla pratica del meditare e del contemplare


[1] Il significato del termine mente può cambiare a seconda dei contesti in cui è inserito ma generalmente con esso intendiamo l’attività del corpo mentale che condiziona quella del corpo astrale (emotivo) e quella del corpo fisico.
I tre costituiscono l’ego, o identità, o personalità, o sé inferiore, da non confondere con il termine “individualità” che indica un piano di esperienza e di comprensione più vasti di quello dell’ego: il piano della coscienza, o corpo akasico, o sé superiore, o anima.

Presentazione del sentiero

Il sentiero è, innanzitutto, un’esperienza che sta accadendo nella vita di alcune persone e quindi è una pratica, un atto di vita e certo anche un mondo concettuale, un modo di interpretare se stessi e la realtà.
Non ha la pretesa di essere una via spirituale, una delle tante vie con una sua completezza teorica, dentro una tradizione, con i suoi riti, i suoi maestri.
No, niente di tutto questo: è un piccolo sentiero a disposizione di persone che attraverso la vita, il dolore, la fatica, l’insoddisfazione – pungolati da tutto questo – sono giunti alla conclusione di vedere la propria piccolezza davanti agli occhi e hanno continuato a cercare finché, approfondendo la conoscenza di sé, hanno trovato un modo di stare davanti all’esistenza, smettendo di combattere contro se stessi e contro la vita.
Ecco, il sentiero è una possibilità per coloro che hanno cominciato ad arrendersi a se stessi e al proprio limite.
Un sentiero basato sul limite: ogni persona, ogni cosa, ogni situazione porta con sé un limite; quando il limite ci impone prima un arresto, poi una riflessione, poi un nuovo modo di vedere, in quella situazione il sentiero può incrociarci e dirci qualcosa.
Prima che questo accada è difficile che si incontri anche solo la parola contemplazione.
Prima si è lanciati verso qualcosa, si deve fare, raggiungere, in un qualche modo conquistare.
Quando la vita ci ha modellati, piallati e anche un po’ ridimensionati nelle nostre pretese, quando la nostra consapevolezza si è accresciuta, la parola contemplazione per noi può cominciare ad avere una qualche attrattiva e l’esperienza del meditare e del contemplare può diventare un’esigenza.
Quindi il primo impatto è con la consapevolezza del proprio limite; il secondo impatto è con uno svuotamento e una perdita di senso rispetto a quanto abbiamo fatto fino a quel momento, alla vita che abbiamo condotto, al punto di vista che è stato nostro: c’è uno smarrimento, avvertiamo il bisogno che accada qualcosa ma non sappiamo bene dove cercare; siamo in una sorta di terra di nessuno dove il vecchio ha perso di significato e il nuovo non si vede.
Lì può accadere che ci impattiamo con un’esperienza e una visione della vita come quella che propone il sentiero.

Taccuino spirituale

In questa sezione trovi una serie di brani scritti tra il 2001 e il 2009; gli argomenti trattati sono diversi ma tutti ruotano attorno ai temi della conoscenza di sé, della consapevolezza, della meditazione, della contemplazione. Li riportiamo perché pensiamo possano essere utili al lettore che vuole conoscere la nostra esperienza interiore e il nostro sentire più da vicino.
Dal 2009 abbiamo iniziato a scrivere sul blog quindi il percorso successivo va indagato lì.

Riflessioni sull’essere 12.11.2001
La mente pensa, ma tu non sei i pensieri che essa pensa, li vedi e sei oltre: tra un pensiero e l’altro si apre uno spazio, vuoto di pensiero, vuoto di osservazione del pensiero..

L’abbandono al presente 16.12.2002
Cosa significa abbandonare? Un movimento della mente verso uno Zero. Zero, Spazio, Niente, Vuoto, Assenza, Silenzio. La mente sposta l’oggetto della sua consapevolezza da un pieno
(di sensazione, di emozione, o di pensiero) ad un niente..

Essere e divenire 25.4.2003
Divenire prepara essere eppure essere è da sempre..

Assoluto e relativo 24.2.2004
L’uomo vive la dimensione del relativo come separazione dall’Assoluto: quando si pone la questione dell’ente supremo, e se la pone di rado, questo è vissuto come una alterità a cui ricongiungersi..

Il processo dell’abbandonare 10.5.2004
Abbandonare significa lasciare fluire ciò che la vita ci manda, senza etichettare, giudicare, soppesare: un’azione, un’emozione, un pensiero sorgono e un attimo dopo già non sono più e in noi non rimane traccia. Allora la vita è veramente un fiume che scorre e in ogni attimo si manifesta “ciò che è” nel suo splendore..

L’atto del contemplare 31.5.2004
L’atto del contemplare ha a che fare con la realtà percepita dai sensi: è un modo di stare di fronte ad ogni evento della vita che sia un’azione, un’immagine, un’emozione, un pensiero..

Lasciarsi attraversare dalla vita 5.6.2004
Il giudizio è una forma di resistenza, un distinguere un porsi nella condizione di osservatore..

L’attraversamento 10.6.2004
Che cos’è la realtà quando non la riduciamo a noi, quando non ci serve, quando le permettiamo di stare lì senza allungare le mani della nostra mente per inglobarla, colorarla, giudicarla.
La realtà nell’esperienza della contemplazione..

Vivere è un’esigenza della mente 9.7.2004
Pensare, sentire, agire ci sembrano naturali ma come appaiono alla luce della contemplazione?

L’unica maniera di trovare se stessi consiste nel perdersi 2.2.2007
Quello che qui interessa affrontare è questa tensione tra l’affermazione di sé e l’abbandono di sé. Non c’è nessuna ragione per cui una persona debba abbandonare se stessa, perché mai dovrebbe farlo? Per seguire qualcun altro? Perché qualcuno ha detto che va fatto così? Eppure tutto il cammino ci porta a perderci, fino allo scomparire nella contemplazione..

Pagina in lavorazione

Per chi inizia a frequentare l’Eremo dal silenzio

Qui, nell’Eremo dal silenzio, vivono delle persone che, in estrema semplicità, dedicano la loro esistenza all’esperienza della conoscenza di sé e della meditazione e contemplazione intese come vita: qui non vengono proposte attività varie nel campo dello spirituale, questo non è neppure un centro di meditazione, è un’altra cosa, un luogo di vita nell’interiore.
Qui trovi un insegnamento che abbiamo chiamato: “Il Sentiero contemplativo”.
E’ un percorso incontro alla propria natura e alla libertà dal condizionamento: è un andare verso la conoscenza e la trascendenza, la piena manifestazione e la piena dimenticanza di sé.

Il Sentiero contemplativo viene proposto attraverso queste modalità:
-incontri individuali
-gruppi di approfondimento e seminari
-esperienze di meditazione e contemplazione

Per approssimarti al Sentiero ti consigliamo di leggere:
-il libro: Quel viaggio incontro a sé chiamato vita
-il nostro sito web: www.contemplazione.it

Alcune indicazioni pratiche:
-leggi questo post
-se vieni a trovarci, considera di rispettare la riservatezza delle persone che vivono nell’eremo;
-la partecipazione a una qualunque delle modalità del sentiero è possibile solo su iscrizione;
-non siamo organizzati per l’ospitalità: le persone che vengono da lontano possono pernottare in un B/B vicino a noi. Per mangiare ci sono trattorie in paese e lungo la costa.

Aspetti economici della nostra attività
La nostra pratica, ciò che offriamo, non ha finalità economiche: non diamo il nostro tempo, e quel poco che abbiamo compreso, per ricavarne un guadagno.
Nulla è richiesto alle persone se non il rimborso delle eventuali spese sostenute.
Eventuali contributi che le persone volessero lasciare, perché questo gli suggerisce la coscienza, è nella loro libertà e responsabilità.
Nel tempo si sono stabilite delle consuetudini tra i frequentatori abituali dell’eremo, dei gruppi, del Sentiero in genere: le persone, per loro libera decisione, ricambiamo con qualche ora di lavoro volontario, forme di baratto, contributi informali di varia natura.

Eremo dal silenzio

Il ritmo delle giornate
Le giornate nell’eremo si svolgono secondo un ritmo costante lungo tutto il corso dell’anno. Questa è un’ esigenza imprescindibile: nel ritmo dei giorni sempre uguali a se stessi da un lato la mente si ribella, dall’altro si placa sotto lo sguardo che la contempla.
La giornata è dedicata ai piccoli lavori dell’orto, del campo, della casa e al semplice stare; la gran parte del tempo è vissuta senza finalità e senza scopo coltivando, per quanto a noi possibile, il risiedere nella disposizione meditativa e contemplativa.
Non c’è alcuna separazione tra meditazione, contemplazione e vita: ogni istante è quella pratica, ogni attimo dell’intera giornata è quel gesto di abbandono all’adesso, di svuotamento di sé, di disponibilità a perdere il proprio confine lasciando che l’altro, qualunque cosa, o persona, o fatto esso sia, si affermi.

La nostra storia
Quando è iniziata questa storia? In anni lontanissimi quando chi scrive era ancora bambino.
L’incontro fondamentale è stato, all’incirca verso la metà degli anni ’80, con gli amici della “Stella del mattino”, che allora era solo una comunità buddista zen e poi è diventata una comunità di dialogo interreligioso. Anni intensi di confronto, di lavoro, di pratica, di studio. Poi le nostre strade si sono divise e il cammino è continuato in solitudine.
Nel 1993 chi scrive ha abbandonato il lavoro e il ritiro nella vita solitaria, silenziosa ed appartata, si è fatto più intenso. Da allora è anche iniziata l’attività di accompagnamento e di insegnamento rivolta a singoli e a gruppi.
Nel 2002 è avvenuto l’incontro con la via della Conoscenza che è continuato fino all’autunno 2006. E’ stata la naturale continuazione della formazione intrapresa nello zen e sono stati anni di esperienza e apprendimento incomparabili.
Il dividersi, alla fine del 2006, della nostra strada dalla via della Conoscenza, ci ha condotti ad impostare, anche teoricamente, quell’esperienza che definiamo “il Sentiero contemplativo”. Da allora la spinta a ricercare è andata affievolendosi per poi scomparire.
L’orizzonte di oggi è rappresentato da questo piccolo quotidiano cui nulla manca e coloro che cercavano un senso non pongono più domande.

Il sentiero contemplativo

Una presentazione, estratto del libro: Quel viaggio incontro a sé chiamato vita


Di seguito trovi anche i links a dei brevi capitoli che possono fornirti una visione d’insieme del Sentiero contemplativo e della pratica della meditazione e della contemplazione.
Se vuoi approfondire nel sito trovi i libri del Sentiero.

Presentazione del sentiero
Il sentiero è, innanzitutto, un’esperienza che sta accadendo nella vita di alcune persone e quindi è una pratica, un atto di vita e certo anche un mondo concettuale, un modo di interpretare se stessi e la realtà…

Conoscenza e consapevolezza di sé
Il sentiero propone la possibilità di stare davanti alla vita a partire da ciò che si è e da ciò che la vita è, quindi a partire dalla capacità di imparare ad accogliere se stessi, l’altro da sé e ciò che la vita propone, a volte con una carezza, altre con un ceffone…

Un piccolo mondo insignificante
Di cosa è fatto questo piccolo mondo? E’ esattamente il mondo di prima, quel mondo che mai vediamo veramente, quel piccolo mondo fatto di cose che consideriamo normalmente insignificanti. La tovaglia sul tavolo, le molliche di pane, l’odore dell’aglio, un’ombra sul muro, la parola di un interlocutore, un desiderio che improvvisamente sorge, un pensiero che attraversa la mente come una nube in un cielo d’estate…

Contemplare è vivere la sacralità del presente
La contemplazione è un qualcosa che accade, non è qualcosa che la persona fa di sua volontà, le accade. Quando si crea uno spazio nella mente, attraverso la consapevolezza e la conoscenza di sé, quando sorge un abbandono al presente, accade che quel fiore colpisca l’attenzione in un modo completamente nuovo…

Chi è l’artefice del nostro cambiamento?
Nel sentiero diciamo che non è la persona che cambia se stessa: la propria volontà viene utilizzata per disporsi al cambiamento, per osservare la propria mente e per disconnettere da essa, ma l’operare il cambiamento non è frutto della volontà…

Lo sbocciare del fiore della contemplazione: la fine del ricercare
C’è solo un osservare, un osservare senza fine, che dà luogo ad una conoscenza, ad una consapevolezza ed una comprensione nuovi e, mentre ciò accade, è sostenuto da un fermo disporsi all’essere trasformato…

Chi propone questo percorso attraverso la meditazione e la contemplazione intesi come vita?
Qualcuno che tutti i giorni si lascia interrogare, provocare, mettere in crisi e cambiare dalla vita. Qualcuno che attraverso la conoscenza di sé ha attraversato la sua mente, ne ha visto i meccanismi nella consapevolezza più vivida, e ha visto e sperimentato quello spazio che si apre oltre…

Come si articola il sentiero
Essendo un processo che la persona vive dentro di sé, il sentiero si presenta come strumento al servizio della persona: fornisce delle possibilità interpretative, delle occasioni d’esperienza, per poi riconsegnare la persona a se stessa…

Siamo debitori verso coloro che ci hanno preceduto
Da dove trae origine il sentiero? Dall’esperienza personale, innanzitutto: in quella macerazione interiore ha, piano, piano, preso forma. Nel conflitto, nell’ascolto, nella resa, utilizzando vari modelli di pensiero per interpretare ciò che accadeva nell’intimo, è sorta una forma, una visione originale, che è debitrice dei paradigmi che ha utilizzato e nel contempo, ne è completamente autonoma…

Per poter partecipare
Chi si sente sospinto verso il percorso della conoscenza di sé, della meditazione e della contemplazione, non deve fare niente di particolare e non deve avere un qualche tipo di preparazione: sulla base di una motivazione interiore chiede semplicemente di partecipare a una, o più di una, delle situazioni proposte…