Ho ancora qualcosa da dirvi?

No, non credo di avere ancora qualcosa da dirvi: nulla vi posso dire che non sia provocato da una domanda, e non da una domanda qualsiasi, ma da una domanda esistenziale.
Mi attivo come una foglia mossa dalla brezza, e cado nello stasi non appena la brezza cessa. Questo producono in me le vostre domande.
Quando dalla stasi sorge qualcosa non per moto vostro, di norma è della natura del post La capacità di risiedere quando tutto perde senso, qualcosa di forse lontano dalle vostre urgenze, da ciò che vi pressa, forse da ciò che pressa Maria che quel post ha commentato.
Non so, la mia distanza dal mondo è abissale ed è solo l’amore del servizio che mi tiene ancorato ad un sottilissimo filo che mi connette a voi e mi colloca qui ad ascoltare una domanda, ad estrapolarla da un commento, a prendere a pretesto qualcosa per rinverdire il nostro esserci e procedere comune.
Senza domanda, quel filo diviene impalpabile.
Su queste basi è difficile pensare ad un futuro del Sentiero in cui possiate ritrovare quello che avete conosciuto e sperimentato, frutto del nostro cammino comune e di una grande fatica mia.
Come sapete, già da un anno e mezzo è in atto una transizione, un passaggio di testimone a voi, al vostro divenire artefici.
Mi colpisce l’osservazione di Maria in calce a quel post: è osservazione importante e opportuna, ma non è da rivolgere a me, ma a Maria stessa e a voi tutti.
Come rispondete a Maria?
Volete un Sentiero concreto, attinente al vostro quotidiano, alla vostra fatica?
Bene, avete a disposizione un paradigma, potete coinvolgere quelli di voi con più esperienza, o potete chiamare qualcuno da fuori che vi accompagni su questioni specifiche, se lo volete.
Avete il mondo della conoscenza e della consapevolezza, dell’esperienza anche, a disposizione. Avete tanto.
Volete usarlo?
La mia stagione è finita: Maria, e tutti voi, non aspettatevi che io parli dei piccoli mondi interiori, non mi interessano, non tanto da attivarmi se non interpellato e, quando provocato, mi limito all’indispensabile, spesso inevitabilmente generico.
Per onestà nei confronti miei e vostri, io debbo e voglio abitare la mia casa, altro non posso, e non voglio di conseguenza.
È con gioia profonda che vivo la mia irrilevanza, so di essere stato un padre generoso seppure i miei limiti siano stati, e siano ancora, grandi.
Avete il mondo a disposizione vostra, usatelo, se volete.

La via interiore: gli occhi per vedere

Se non possediamo il senso della vista non abbiamo idea del mondo così come appare agli occhi fisici: certo, abbiamo altri sensi ben sviluppati, ma quando gli altri ci raccontano di certi colori, di certi orizzonti noi non abbiamo accesso a quella esperienza. 
Se mai abbiamo avuto la possibilità di vedere, credo si sia costituita nel tempo una ecologia interiore tale da poter gestire il dolore per quella mancanza: ma se per un periodo della nostra vita abbiamo potuto vedere e poi non più, allora l’impatto è davvero brusco e il ristabilirsi di un equilibrio interiore non semplice.
Esiste lo sguardo esteriore, quello garantito dal senso della vista, ed esiste lo sguardo interiore quello permesso dal sentire acquisito e dal paradigma conseguente.

continua..