Dove risiede il mio essere, di Catia Belacchi

Racconti metaforici sui temi del cammino spirituale
Un capitolo del libro

Sembrano storie per bambini, in realtà nello scriverle ho pensato agli adulti, perché possano avvicinarsi ai temi del cammino spirituale, con la spontaneità e la curiosità dei bambini.
Attraverso il vivere e gli accadimenti  dei personaggi delle storie, vengono portati alla luce i temi più salienti che si affrontano quando si intraprende un percorso dentro di sé, alla ricerca di sé: il senso della vita, la relazione con l’altro, il significato della sofferenza, l’importanza degli affetti, il sentire di coscienza.
Ho scritto la prima storia dopo un avvenimento che mi aveva portato a  riflettere sulle mie reazioni; nell’osservarmi mi è sorta spontanea una metafora, allora di getto ho scritto il primo racconto. Alla fine lo scrivere mi ha aiutato a chiarire alcuni aspetti di me e allora ho pensato che, se avessi continuato, forse avrei potuto aiutare anche altri a fare chiarezza e a conoscere alcuni dei propri moti interiori.
Mi auguro che questo semplice narrare possa raggiungere questo scopo.
Il libro in formato eBook Kindle
Per ordinare il libro, scriveteci (eremo@contemplazione.it).

Il sentire d’essere e il ricordo

Un brano del Cerchio Firenze 77, tratto da: La fonte preziosa, Edizioni Mediterranee, pag.75

Il ricordo vi garantisce che voi continuate nel tempo.
Ma è un errore collegare se stessi al ricordo; la continuità sta nello stesso sentire d’essere, nell’essere in sé che non cessa, e non può cessare d’essere.
Il ricordo perisce, si può anche dimenticare chi si è o chi si è stati, come nei casi di amnesia totale; ma il sentirsi d’essere non cesserà mai.

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Il presente e la sua interpretazione

Non poco di ciò che pubblichiamo ha carattere filosofico e riguarda la natura della persona, della realtà, dell’Assoluto.
Pubblichiamo l’orizzonte nell’impossibilità di parlare del singolo passo: come poter raccontare del gesto del lavarsi i piedi e riporre l’asciugamano che canta l’essere nell’assenza di sé?
E che senso avrebbe parlare dei passi senza riflettere su ciò da cui sorgono e ciò che generano?

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Sul linguaggio come limite all’espressione del sentire

Da Matteo: “Mi chiedevo se fosse utile e possibile creare in un certo senso un nuovo linguaggio (o forse una nuova metafisica, addirittura, con un “linguaggio-un-poco-oltre-il-linguaggio”) che, raccogliendo i residui dell’urto della parola coi suoi limiti, potesse mostrare un quadro un po’ più completo della realtà. O, invece, se fosse preferibile rimanere in silenzio riguardo a ciò ed impiegare la parola, il linguaggio ordinario coi suoi limiti, come nella maggior parte dei casi abbiamo sempre fatto.”
Credo che il principio da cui partire, sempre, sia la semplicità, l’essenzialità. Esistono già innumerevoli “gerghi”, mi sembra anzi che ogni via abbia il suo.

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La gioia

Non uso quasi mai questo termine.
Conosco l’esperienza e la proteggo; l”uso e l’abuso quotidiano di esso mi rimandano ad un’intima violazione.
Stamattina ho letto la mail di una persona che frequenta un gruppo del Sentiero: parlava dei suoi processi interiori e di un’intima profonda gioa che da giorni lo invade fino al punto di essere quasi insopportabile.

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La vita è il dispiegarsi della consapevolezza dell’Assoluto

Questo post, non semplice, prende le mosse da uno stimolo di Matteo relativo all’articolo del 18.1:
Allora, seguendo sempre Zenone e parafrasandolo, finché si parla di cogliere l’essere nel presente, nell’istante, nel singolo fatto, ciò è possibile. Ma se poi si vuole trovare la consistenza del divenire, dell’essere del divenire, allora questo sembrerebbe impossibile (sempre logicamente parlando). Esiste un modo, con le parole, per superare questa impasse della razionalità e spiegare più chiaramente “il divenire è l’essere”?

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