In più di due decenni di attività, ogni tanto qualcuno ha obiettato che nel Sentiero si discute poco.
E’ così, è un’evidenza. Accade perché le persone del Sentiero sono delle pecorone? Perché sono succubi di una personalità forte e dominante? Se volete, credetelo pure.
La realtà, dal nostro punto di vista, è molto differente.
Il Sentiero sorge dal sentire e al sentire è rivolto.
Non sorge dalla mente e alle menti parla e, quindi e inevitabilmente, alle regole divisorie delle menti sottostà.
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Allinearsi al sentire
Come sapete, l’umano non manifesta nel corso dell’incarnazione il sentire effettivamente conseguito, ma solo una porzione di esso, quella necessaria a sostenere le esperienze che deve affrontare.
Allinearsi al sentire significa essere in connessione con il realmente compreso, con il sentire che costituisce e struttura il corpo della coscienza aldilà delle contingenze della incarnazione corrente.
L’allineamento al sentire è possibile con un basso tasso di identificazione: questa è la prima condizione.
Gradi di sentire e libero arbitrio
Chiede Massimo nel commento al post Il mondo specchio dell’interiore: “In termini di libero arbitrio, quanto siamo liberi di comprendere e quindi di cambiare? O anche la comprensione (e di conseguenza l’intenzione) è un processo su cui non abbiamo margine di manovra?”
La coscienza, all’inizio del ciclo delle incarnazioni, può essere altruista?
Difficilmente. Perché? Perché il sentire che possiede, ovvero la struttura del corpo akasico che ha realizzato, è così relativa che l’altruismo non trova modo di articolarsi.
Sentire assoluto e relativo
Nella sezione Domande e risposte, Marco pone una domanda piuttosto elaborata che sintetizzerei così: “Perché mai l’Assoluto deve manifestare il suo sentire assoluto attraverso dei sentire relativi, quando anche noi, in una incarnazione esprimiamo il nostro sentire più ampio conseguito?” Se volete comprendere meglio la questione, leggete comunque la domanda di Marco.
Mi sembra di capire che Marco si chieda perché mai, se l’Assoluto ha sentire 100, debba esprimere il sentire 1, il 2, il 3 e via dicendo.
Oltre il vedere, la realtà sentita
Normalmente l’umano non vede che un film prodotto, sceneggiato, diretto, fruito a suo uso e consumo.
Trascorre la grande parte delle sue innumerevoli vite all’interno del set, nella cittadella delle produzioni cinematografiche, tra attori e attrici, costumisti, scenografi, truccatrici confliggendo, spesso e volentieri, con il regista, con lo sceneggiatore e, naturalmente, con se stesso.
Non sa di vivere in un teatro di posa, gli stanno bene quello e quella ignoranza. Non di rado è pieno di sé.
Identificazione, gioco, sentire
Dice Samuele, alla fine della sua riflessione su Novità dal Sentiero: Siamo persone che si allenano a non cadere vittime dell’identificazione, ma che al contempo hanno necessità di partecipare alle sfide della vita facendo anche ragliare l’asino in loro, finché ce n’è. È anche questa la danza tra l’essere e il divenire?
Partecipiamo della vita: ridiamo quando è tempo, piangiamo quando ci accade, seguiamo con interesse lo scorrere del film che chiamiamo vita, il nostro e l’altrui.
La tua riflessione parte dal calcio, dall’appassionarsi ad esso, dall’identificazione, dalla necessità della misura.
Contro la storia del sentire
La Gran Bretagna lascia l’Unione Europea: il piccolo, locale e autonomo ha la meglio sul grande, globale e interdipendente.
Siamo sicuri che questa fosse l’alternativa? Per le menti limitate, forse questa era l’alternativa, non per chi coglieva il respiro del tempo che viviamo.
Qual’è questo respiro?
1- I problemi causati da ciascuno per conto proprio, vanno risolti da tutti assieme, perché su tutti sono ricaduti (penso ai problemi ambientali, all’uso delle risorse, alle conseguenze delle guerre e alle migrazioni, ad esempio).
L’atmosfera vibratoria e la sua percezione
Dice Leonardo in Domande e Risposte: Vorrei sottoporre al tuo giudizio un’esperienza che mi è successa ieri a lavoro.
Giunto al ristorante, ieri dopo l’intensivo, si è mantenuta in me per tutta la durata del servizio quella predisposizione interiore di cui ho parlato nella sessione di domenica e a pranzo: una vibrazione di fondo in cui era radicato il piano del divenire, del soggetto. Questa vibrazione di fondo si è chiarita via via che lavoravo, come un profondo silenzio vibrante che avvolgeva tutto, come se da quel silenzio tutto nascesse: dai miei gesti e parole, al rumore di una forchetta che rimbalzava a terra, alle urla dei bambini, al vociferare alto dei clienti.
La vicinanza che aiuta
In una coppia, se i due affrontano la vita leggendola alla luce dello stesso paradigma, tutto è più facile: quando in una officina gli operai sono esperti ed affiatati, il lavoro scorre molto più agevolmente e con meno fatica per tutti. La presenza di un apprendista che non conosce il lavoro, richiede uno sforzo e una dedizione particolari ma, in genere, l’apprendista impara e quello sforzo è ripagato dalla suddivisione futura dei compiti e dei carichi.
Quando in una coppia, uno dei due non ne vuol sapere di condividere il paradigma, la cosa si complica: un apprendista lo puoi anche licenziare, un partner pure, ma è più complicato.
Il karma e l’obbedienza al sentire
La legge del karma accompagna il processo di comprensione di una coscienza: quando una comprensione è in divenire e non ancora chiaramente delineata, le scene e le situazioni che mettiamo in atto hanno sovente bisogno di ulteriori tentativi, prove ed approfondimenti e di questo si occupa la legge del karma.
Se una persona compie una azione A interna ad una certa comprensione che deve acquisire e di cui non ha praticamente alcun dato, quella azione, di qualunque natura sia, non genera una ricaduta karmica, un effetto.