Non c’è cammino spirituale che non si misuri con una certa mistica del silenzio.
silenzio
La necessità del silenzio e del coltivare l’Essere, innanzitutto
Giovanni 6,1-3
1 Dopo queste cose Gesù se ne andò all’altra riva del mare di Galilea, cioè il mare di Tiberiade. 2 Una gran folla lo seguiva, perché vedeva i miracoli che egli faceva sugli infermi. 3 Ma Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli.
La pratica meditativa, l’ascolto e il silenzio di sé, la comprensione
Ci sono passaggi complessi nella vita, come ci sono stagioni in cui si può stare a mani basse.
Ci sono fatti semplici e fatti complessi, esperienze facilmente accessibili e altre che richiedono un bagaglio di conoscenze e comprensioni più vasto per poter essere afferrate.
Come dicevo nel post Accompagnarvi nel quotidiano, nei due siti che seguiamo, questo e Cerchio Ifior, sviluppiamo accenti differenti di tematiche simili: la funzione di Cerchio Ifior è di fornire le basi della conoscenza e della consapevolezza; quella di questo sito è di entrare nel ventre dell’esperienza meditativa, contemplativa ed unitaria.
Il ritmo di una giornata in un monastero trappista
Suona la sveglia: siamo nel cuor della notte, le 2.40; ci si veste in fretta e percorrendo il chiostro semibuio ci si avvia subito alla chiesa. Dalle vetrate si scorge, sul giardino del chiostro, lo stellato chiaro, o il lume della luna che inargenta il tronco della betulla e fa scintillare il vialetto di pietra. Ma la vista più bella è data dai pleniluni sul mare, che si possono scorgere dalle finestre subito dopo il dormitorio: una luna enorme sul mare a specchio, che va dall’argento all’oro, sino ad assumere una sfumatura quasi rosa quando c’è una leggera foschia. Non c’è tempo di fermarsi, ma è come una boccata di bellezza che riempie i polmoni dello spirito, prima di immergersi nella preghiera.
L’ecologia della mente nella via spirituale
Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Genesi 3, 9-10
Il “dove sei” non è certo rivolto alla collocazione fisica, la domanda investiga dove l’uomo ha appoggiato la propria attenzione, la consapevolezza e la relazione che intrattiene con sé e il proprio interiore.
“Ho paura e sono nudo”: nudo davanti ai miei limiti, bisogni, desideri, giudizi, aspettative; pieno di paura perché privo di strumenti per governarli e temo di esserne travolto.
Fermarsi e tacere
Il sabato molti non lavorano, la domenica quasi nessuno. Se non ci sono necessità urgenti, possono essere due giorni di raccoglimento, di gesti misurati e di poche parole.
Di ridotta frequentazione, di tempo per stare in solitudine: osservando, ascoltando, tacendo.
Affrontare la giornata sentendosi compenetrati da un silenzio che ci attraversa e ci pervade: il silenzio di noi, dei nostri bisogni, dei nostri lamenti.
La bellezza del tacere
Una parola in meno, un silenzio in più.
Alcuni di noi hanno la necessità di dire e di fare e quando questa è un’esigenza di completamento della propria rappresentazione, del proprio personale diritto a dire “io” non c’è nulla da eccepire.
La stagione della propria centralità non dura per sempre e, quando si è dei buoni osservatori, si comprende quando la propria è finita, o volge al termine.
Allora in casa, in ufficio, nelle amicizie possiamo cominciare a coltivare una discrezione e a limitare l’esposizione del nostro esserci.
La necessità di una pratica meditativa quotidiana
Può un cammino interiore, spirituale ed esistenziale, non appoggiare su una pratica meditativa quotidiana?
Non credo, non fino ad un certo punto almeno. Vedo, purtroppo, molta approssimazione e molto dilettantismo su questo tema; molta superficialità.
Se si ha caro il proprio cammino, si è anche compreso che è necessario un ancoraggio quotidiano, un fermarsi e risiedere, un azzerare i contenuti della mente e di tutto ciò che l’identità tende ad aggiungere al reale, al ciò che è.
Non aggiungere rumore a rumore
Quando una parola o un gesto divengono rumore? Quando esprimono il nostro solo desiderio di esserci, senza essere compenetrati di osservazione, di ascolto, di accoglienza, di reciprocità.
Allora al rumore generale assommiamo il nostro rumore e la cacofonia delle menti con i loro inutili bisogni diviene insopportabile.
La parola, il gesto che sorgono dal silenzio
Sorgere dal silenzio, da un’assenza di sé, da una non necessità di esserci.
Qualcosa sorge non con il fine di dire, affermare, dimostrare, ma perché è attivata da una domanda.
Nell’acqua calma del lago, un’onda sorge perché qualcuno vi ha lanciato un sasso.
L’acqua non aveva alcun bisogno di creare l’onda, non le mancava l’onda.