[…] Il riconoscimento, però, nasce da un vuoto interiore, cioè dall’essere svuotati e liberati di tutto quello che è contenuto nella vostra mente sotto forma di oggetti psichici che continuate a creare interpretando i fatti che accadono dentro e fuori di voi.
[…] La vostra attività mentale è vivacissima per la quantità, per la varietà e per la confusione con cui pensieri ed emozioni si affollano nella vostra testa.
Questa continua eccitazione non vi permette di incontrare una dimensione che si mostra soltanto ad un placarsi che la via della Conoscenza definisce come stato interiore, in cui il pensiero, l’emozione e l’azione non sono condizionati dalla vostra mente.
soggetto
Il fare nell’accadere, agire nel non-agire, essere specchio (94)
La naturalità del pensiero porta l’uomo ad agire guidato da ciò che accade nel quotidiano; il pensiero ne viene catturato e l’uomo scopre che mai nulla riguarda colui che osserva. Quindi lui tende a dimenticarsi di sé ed a vivere in sintonia con ciò che accade, perché il pensiero è assorbito lì e l’emozione esprime accoglienza, mentre l’azione è non-azione – è stare in – perché muore il bisogno di agire per un fine.
Tutto questo accade perché l’uomo viene colto: in lui muore ogni finalità e ciò che c’è è il nuovo motore che determina l’agire. Perché colui che vive uno stato di non-mente vive ed agisce in aderenza con la radice profonda dell’esistenza.
Agire nel non agire: la profondità del presente
[…] Vivere è essere in relazione con ciò che vi circonda, scoprendone una profondità che va al di là della superficie su cui ancora vi attestate.
È un mondo che esiste, ma che voi potete intravedere soltanto attraverso fugaci flash che vi fanno intuire che c’è altro che non è possibile trattenere, e far proprio, perché è irriducibile ad ogni pretesa.
Lo stato interiore di cui parla la via della Conoscenza porta l’uomo a permanere in una immobilità interiore, pur continuando a vivere i suoi tre elementi costitutivi, che sono pensiero, emozione e capacità di azione. In colui che vive questo stato interiore il punto d’osservazione rimane fisso, mentre voi umani siete continuamente sballottati dal modo con cui la vostra mente reagisce ad ogni sollecitazione della vita.
Le relazioni: voi e il mondo. Il semplice esistere (92)
[…] Però il mondo è altro da voi, il mondo è in sé, anche se voi non fate che guardare ad un mondo “per voi”. Questo fa sì che, rapportandovi con l’altro, mai lo vedete in sé ma sempre “per voi”, cioè in funzione vostra, persino quando pretendete di sapere cosa vada bene per l’altro.
[…] Quando l’impermanenza e l’effimero si impongono all’uomo come nuovo modo di rapportarsi al mondo intorno a lui, egli la smette di guardare alla continuità della relazione e punta l’attenzione sull’unica continuità espressa dalla vita, cioè un ininterrotto presentarsi di ciò che nasce e muore.
La gratuità, l’essere pronti e vigili, la tiepidezza
Questa è la fonte preziosa
di quell’acqua che disseta,
casta per purificare,
forte per trascinare,
umile per esaltare.
Se sei venuto per bere
attingi di quest’acqua si rara nel deserto,
se non hai sete fatti da una parte
e cedi il posto.
L’illusione di aver compreso la sfida vera e ultima
[…] La vita non è ciò che attraverso gli esseri, o i fatti “vi” insegna, “vi” fa apprendere, “vi” fa accumulare, “vi” fa migliorare, “vi” fa evolvere, oppure “vi” fa contorcere dentro l’apprendimento perché non siete mai adeguati ad essa.
No, la vita è semplicemente una continua sfilata con miriadi di sfilanti, e parla di sé, mai di voi: parla indifferentemente di tutti gli esseri che sono parte integrante dei principi che la compongono.
Se ascoltati, tutti coloro che si presentano e sfilano davanti ai vostri occhi parlano semplicemente della vita in sé. […]
La vita è continuità e frattura (91)
[…] La vita è continuità e puntualizzazione – cioè frattura – mentre voi siete abituati a vedere in essa una continuità utile a costituire la vostra identità.
Voi siete il vostro passato lanciato su un futuro che non riuscite mai a riconoscere nella sua possibile innovatività perché lo elaborate in base al bagaglio del già vissuto. E quindi il futuro lo fate diventare il protendersi del passato verso un già conosciuto, oppure il desiderio di liberarsi da un passato scomodo; pertanto è sempre condizionato da ciò che è già stato.
[…] Se l’uomo incomincia, partendo dalle relazioni con ciò che lo circonda ed a cui non attribuisce intenzioni, ad osservare che ogni fatto che si presenta è costantemente nascita e morte che già preannuncia altro che appare – la sfilata, dunque – questo è sufficiente per intuire la possibilità di una diversa relazione in cui si osserva il piccolo del piccolo ed in cui ci si accorge di particolari che prima non venivano notati, poiché in essa agisce ciò che c’è.