Se la realtà è perfetta, lo sono anche i nostri fratelli e sorelle le cui disposizioni a volte ci fanno sorgere delle perplessità. I nostri dubbi dunque sorgono dal non aver ancora pienamente compreso la natura di questa perfezione.
solitudine
Cosa diventiamo? Estranei? Insensibili?
Accade che le comprensioni e la pratica ci estraggano dalle consuetudini, dal mondo che abbiamo in comune con gli altri.
Uso il verbo estrarre perché, in effetti, è un’opera lunga e implacabile di progressiva estrazione da quanto in precedenza condiviso.
La comunione del sentire tra monaci
Cosa rimane di un cammino di contemplazione e di formazione quando ha esaurito la sua funzione per un certo numero di persone?
Rimane il paradigma e le pratiche che ha sviluppato; rimane ciò che ha trasmesso ai singoli e all’insieme e che, sebbene sia affidato al vento, mai cade su un terreno casualmente.
La necessità del silenzio e del coltivare l’Essere, innanzitutto
Giovanni 6,1-3
1 Dopo queste cose Gesù se ne andò all’altra riva del mare di Galilea, cioè il mare di Tiberiade. 2 Una gran folla lo seguiva, perché vedeva i miracoli che egli faceva sugli infermi. 3 Ma Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli.
La solitudine esistenziale: l’essere straniero, disadattato, triste
Scrive una sorella nel cammino: In questi giorni percepisco un gran senso di solitudine. Fatico a relazionarmi col prossimo, non trovo argomenti, non sento vicinanza. Ad esempio, ho partecipato con piacere alle cene di fine anno scolastico […], ma, osservandomi in mezzo ad altre persone, mi sono sentita una disadattata. In quel palcoscenico sento il bisogno di fare un passo indietro, cosa vuoi fare altrimenti? […] Non c’è giudizio e non c’è identità che vuole riconoscimento. C’è solitudine, un’infinita solitudine interiore. Sarà una forma di deserto? Poco importa, oggi: in tutta onestà, sapere che altri nel cammino vivono la stessa condizione, non è di conforto.