Andiamo incontro allo scomparire della nostra egoità da soli e non ci portiamo niente e nessuno appresso.
Alla fine del cammino siamo nudi e poveri:
poveri di presunzione, poveri di potere, poveri di orpelli.
I molti, o pochi, affetti di una vita sono lì, ma non sono abiti di cui ammantarci: li indossiamo come abiti da lavoro, con la stessa naturalezza; sono parte del cammino, ed anche sua sostanza, ma non sono oggetto di attaccamento e non conferiscono appartenenza ed identità.
solitudine
Solitudine e non comprensione
Solitudine. Dizionario del Cerchio Ifior
Il senso di solitudine dell’uomo nasce dal fatto di non essere ancora consapevole del fatto che non è un corpo estraneo o distaccato dalla Realtà, ma ne è un elemento, una parte integrante.
A mano a mano – ci insegnano le Guide – che la coscienza si amplierà verrà ritrovata dall’individualità la consapevolezza di appartenere veramente e per sempre al Tutto e, di conseguenza, non ci sarà più la possibilità di sentirsi soli.
Si tratta, quindi, di un sentimento causato dall’impressione di essere separati da ciò che ci circonda, impressione che ha il risultato di causarci sofferenza.
Messaggio esemplificativo (1)
Sento dentro di te un piccolo moto di delusione, sorella, nato da un pensiero inconscio che ti faceva credere di essere stata dimenticata da noi. Rassicurati, non è così; noi non ci dimentichiamo di nessuno di voi, siete tutti lì, davanti a noi,con le mani protese.
Hai aspettato e stai aspettando. Eppure io ti avevo detto: «Non ti devi aspettare da noi soltanto quello che vai cercando; perché non sempre potremo dartelo, non sempre vorremo…» e questo neppure tanto tempo fa. Sorrido, dolce sorella, nel conoscere la tua reazione; sorrido perché ti amo come amo tutte le creature che – come te in questo momento – sono lontane, perché incarnate, dal mio sentire. Com’è difficile, vero, mettere in pratica le parole stampate su carta? Lo so, ti capisco, hai ragione: è molto difficile e, se non lo fosse, sorella, non avrebbe senso la tua esistenza. Eppure io ti avevo detto: «Sta attenta alle illusioni…» e non mi capivi, quando ti dicevo quelle cose. E ora puoi dire di averle comprese? Non è così facile cambiare, soprattutto quando si tratta di cambiare interiormente; esteriormente sì, si può anche cambiare da un momento all’altro, ma ben raramente questo cambiamento ha dei riscontri nell’intimo e corrisponde ad un sentire raggiunto. Ma non temere: ciò che più conta, quando sarà il momento di tirare le somme della propria esistenza, non è il cambiamento vero e proprio ma è l’intenzione che stava alla sua base, purché sia sincera.
Hai rifatto l’errore di sentirti sola. Ma, benedetta creatura, perché non hai provato – in quei momenti di delusione e di amarezza a guardarti intorno, ad osservare le cose che ti circondano, a guardare i volti sconosciuti di tanti uomini ed a cogliere da tutto questo quel conforto che desideravi e la certezza di non essere sola?
Perché ti sei lasciata sopraffare – ancora una volta – dalla solitudine, rilevando soltanto gli aspetti negativi di quanto ti ha frustrata, facendoti cadere in quello stato? O forse vuoi dirmi che in nulla di quanto ti è accaduto in questo ultimo periodo vi è qualcosa di positivo e di piacevole? Pensaci, sorella, e rimedita sugli ultimi accadimenti della tua vita, così vedrai che, a poco a poco, farai luce dentro di te e capirai quanto sia stato tutto positivo e bello – anche se doloroso – e quanto costruttivo per il tuo intimo, la tua maturità e la tua evoluzione. Ci risiamo, dolce sorella, ancora parole che hanno solo il sapore della teoria, e io ti dico: accetta questa teoria e – se non sarà oggi sarà domani, o forse ancora post domani – vedrai applicarla in pratica.
Hai trovato degli amici in questa nuova città, ti sei sentita viva tra di loro, realizzata – almeno in parte – il distacco, anche se momentaneo, è stato doloroso per te, avresti anche rinunciato alla partenza. Tutte cose molto belle e ti siamo grati per questo, ma giuste fino ad un certo punto, oltre il quale vuol dire che qualcosa non va, vuol dire che ancora qualche angolo deve arrotondarsi, vuol dire che la comprensione non è totale.
L’amore, sorella, nel senso generico, non è legato alle distanze, non conosce i chilometri come una netta separazione da quell’amore che avevi trovato e sperimentato direttamente. Perché? Perché vuol dire che ancora non hai compreso del tutto quel concetto di amore che avevo cercato di spiegarti. A suo tempo, avevo detto che l’amore vive dentro ad ognuno di voi e una volta che si è riusciti a tirarlo fuori – non può più morire.
L’amore non nasce, non vive, non muore: l’amore è.
E se tu l’avessi veramente trovato – trovato del tutto – non potrebbe, mi capisci sorella, procurarti del dolore. Anzi, dovrebbe darti la forza necessaria, proprio per la sua presenza reale e tangibile, di superare le situazioni che definisci sfavorevoli.
Imparare ad amare significa molto semplicemente scavalcare il proprio Io per comprendere e aiutare tutte le altre creature, anche le più «antipatiche», senza chiedere o, meglio ancora, senza aspettarsi qualcosa in cambio.
“Ma amare è anche sapersi fermare.»
Ricordi, sorella, queste parole? Sapersi fermare non significa non fare più nulla per i propri fratelli, ma saper fermare le spinte del proprio Io che indurrebbero a dare anche il superfluo; mentre amare e aiutare è anche un semplice sorriso, una stretta di mano, uno sguardo dolce, come già avevo cercato di dirti. Comprendendo questo riuscirai a capire il vero significato della tua stessa esistenza che non è fine a se stessa, ma va oltre quello che tu, momentaneamente, puoi comprendere. Ti ringrazio, sorella, di starmi ad ascoltare e so che mi capirai; non importa quando.
Butta via il sorriso corrucciato o contrariato; apri un sorriso sincero sul tuo volto e rivolgilo a chiunque ti sta intorno, anche a chi è «causa» delle tue tensioni; ringrazialo per ciò che fa perché, a modo suo, ti aiuta, dandoti la possibilità di apprendere verità nuove che ti faranno più ricca interiormente e sempre più sorridente..
È questo e solo questo il vero significato dell’esistenza: sottovalutare, dare la minima importanza al proprio Io ed a se stessi, proprio per migliorare se stessi.
E se all’inizio sarà necessario un po’ di sforzo, ti renderai conto – in seguito – di quanto piacevole e bello sia stato.
Tutto il discorso sull’amore vale anche per noi e se anche non possiamo rivolgerti un sorriso con la bocca, stringerti le mani con le mani, accarezzarti con uno sguardo, ricorda che ti siamo vicini e che, a modo nostro, ti sorridiamo, ti stringiamo le mani e ti accarezziamo.
Per tutto questo, per tutte le emozioni e le percezioni che ci accomunano, noi ti diciamo – e ti esortiamo a farlo- di liberarti da tutto ciò che fa di te una creatura ancora limitata. E se te lo diciamo è perché sappiamo che tu puoi farlo. E non importa come, non importa dove, non importa neppure quando. Fabius
1 Sussurri nel vento, pag. 205 e segg.
Dal volume del Cerchio Ifior, Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima. Edizione privata
La solitudine, ciò che non si può comunicare
Il sentire non si può comunicare.
La consapevolezza della limitazione rappresentata dall’umano, non si può comunicare.
La visione unitaria non si può comunicare, non a menti che tutto dividono e frammentano.
Il senso di estraneità e di lontananza che convivono con la compassione, questo è un paradosso incomunicabile.
La danza tra identità e coscienza, tra umano e sovrumano, le mille sfumature, i micro conflitti, l’immensità del grande che contiene il piccolo asino del non compreso, questo non è comunicabile a menti che tendono al bianco e nero e non alla molteplicità colorata.
Rimane sepolto nell’intimo proprio un mondo vasto ed articolato e con esso una solitudine irriducibile.
Non fermarsi al conosciuto, al rassicurante
Non ho corso in questa vita il rischio del rimanere seduto, dell’aspettare, dell’omologarmi.
Il rito sociale, consolatorio e rassicurante, dell’intruppamento non mi ha contagiato. Non ho fatto niente per essere contro a priori, ma il consentire al punto di vista generale non mi ha mai attratto. Perché?
La solitudine nel processo di unificazione
Il processo di maturazione della consapevolezza unitaria avviene nell’esperienza della solitudine interiore.
Le scene dell’esistenza sono popolate da attori ma la loro funzione si limita alla “collaborazione efficace”, all’essere strumenti dei processi di comprensione in atto.
Più la comprensione si amplia e la dimensione del sentire diviene evidente, più risulta chiaro un duplice aspetto:
– il film del vivere è personale, soggettivo: l’ampliamento del sentire avviene attraverso la coscienza che utilizza gli attori secondo le sue necessità di apprendimento;
– nessuna coscienza è sola, ciascuna condivide il sentire con quelle che hanno prossimità di sentire.
Nessuno procede da solo: il “prendersi cura”
Pur essendo la realtà soggettiva, il film personale, la trasformazione del sentire avviene nella relazione con l’altro da sé.
Quest’altro è la natura, l’ambiente nel quale si svolge la rappresentazione che chiamiamo vita; è il nostro partner, i nostri figli, i nostri genitori, il nostro collega di lavoro, il vicino di casa.
Nessuno procede nel cammino della conoscenza, della consapevolezza, della comprensione da solo: la vita è un grande processo comunitario, perché rimane così complesso alla persona di questo tempo comprenderlo?
E perché anche quando lo comprende non riesce a sviluppare una adeguata prassi comunitaria e rimane “protetta” dietro un velo, una sorta di riserva oltre la quale è pericoloso andare?
Perché è così difficile la pratica del “prendersi cura”?
E’ la paura di perdere che ci trattiene? Il non voler affrontare la fatica dell’incontro? E’ la stanchezza dovuta alla troppa esposizione che, una volta concluso ciò che dobbiamo fare, ci conduce ad un isolamento per ritrovarci e rigenerarci?
L’incontrare l’altro è un gesto semplice, non è necessario nulla di eclatante: un saluto, una piccola cortesia, una riga, uno squillo, una minuta collaborazione.
Questi piccoli gesti avviano una danza che non ci travolgerà, che potremo gestire secondo le nostre necessità, ma avremo aperto un canale di comunicazione, un flusso, un processo: avremo oltrepassato il muro.
“Prendersi cura” è la chiave.
Immagine tratta da: http://goo.gl/ruYRKn
Il nostro cammino laico
E’ possibile procedere lontano da tradizioni, religioni, mode, influenze che giungono da ogni direzione?
E’ questo il nostro tentativo ed è reso e rimane possibile solo se mai distogliamo lo sguardo dal nostro quotidiano, da ciò che attimo dopo attimo la vita ci presenta.
In quei fatti minuti possiamo trovare la direzione, l’ispirazione, il necessario che ci illumina il cammino.
Ogni fatto ci svela e parla di noi, delle resistenze, del non compreso; ogni fatto relativizza le nostre credenze, le nostre adesioni, le nostre fughe.
L’aderenza al presente quotidiano e feriale ci rende profondamente laici, non legati ad alcuna filosofia, ad alcun paradigma, sufficientemente disincantati, radicalmente neutrali rispetto a ciò che la mente afferma.
E’ un lavoro lungo e paziente che richiede discernimento, consapevolezza, grande fiducia in ciò che accade e che mai è contro di noi.
La foto è tratta da www.ilpost.it
Cerchio Firenze 77, La solitudine profonda, un passaggio ineludibile
Sì, l’uomo ha bisogno di illudersi, di perseguire uno scopo, di raggiungere una meta: e sempre questa meta è egoistica, sempre conduce ad un interesse personale.