Nel divenire, l’essere rivelato dall’ascolto profondo

Se un fatto non è visto e dall’impatto con esso non si lascia che sorga sensazione, emozione, pensiero, quel fatto non esiste o non ha consistenza.
È cioè necessario che un fatto, che in sé altro non è che sentire, possa attraversare i vari corpi e piani del percepente e trovare una esecuzione, ovvero dar luogo ad una reazione/azione: allora il ciclo si chiude e il processo del conoscere, divenire consapevoli, comprendere ha compito il suo corso.
Questo è ciò che ad ogni attimo viviamo, la sostanza profonda che qualifica ogni sequenza di fotogrammi che riconosciamo come la nostra vita, il nostro presente.
Se il fatto è visto e ci attraversa, allo stesso modo ci abbandona: davanti all’obbiettivo fotografico tutto scorre, tutto viene registrato e suscita impressione, e tutto viene abbandonato.

continua..

Amando l’impermanenza della vita “in sé”

[…] Vivere, amando l’impermanenza, significa appassionarsi a ciò che varia in continuazione, ma rimanendo effimero, e questo porta ad essere in armonia con la variabilità e quindi col nascere e scomparire di tutti gli aspetti che l’alterità mostra dentro le relazioni. Mentre voi umani siete fissi nella pretesa di costanza e di solidità che cercate di costruire e di mantenere nei rapporti che vi interessano.
Ricordatevi che l’impermanenza, vissuta nelle relazioni, non può che entrare in conflitto con la pretesa di cambiamento dell’altro in base alle vostre aspettative – cioè “per voi” – oppure col mantenimento della relazione secondo le vostre esigenze – ancora una volta “per voi” -.

continua..

Il mondo in sé (92A)

[…] Nella prospettiva della sfilata la vita è semplicemente in ciò che si presenta: è ciò che c’è, è non-noto che resta non-noto e che continuamente nasce e muore, cioè inizia e finisce. E’ possibile applicare questa prospettiva anche alle relazioni, vedendo l’altro che propone ciò che è non-noto e che rimane non-noto.

[…] E’ soltanto quando nasce nell’uomo l’amore per l’effimero che allora lui già sa che ciò che gli arriva attraverso l’altro è effimero, cioè inizia e termina lì, e sussurra qualcosa che eccede l’altro ed eccede se stesso.

Divenire ed essere, operare e contemplare

[…] la vastità è pervasività del già preformato. Ed è proprio con questa visione della realtà che si scontra l’uomo che percorre quella via cosiddetta evolutiva (la via del migliorarsi e trasformarsi, ndr), perché non è abituato a mettere in discussione la sua voglia ed il suo sforzo tesi verso la costruzione di un obiettivo di crescita comune, di aiuto all’altro e di miglioramento di ciò che lo circonda, che però parlano principalmente di lui in un mondo “per lui”.
E quando sente questo suo assunto venir messo in crisi da una visione dell’esistenza in cui ciascun essere è inserito in una rete di incontri che è solo da riconoscere, quell’uomo ha difficoltà a decostruire ciò che ha edificato sulla vita e perciò a togliere via quei veli – i suoi concetti – che nascondono che tutto è già. (1)

continua..

Finché ci manca qualcosa e la vita nell’essere

Ad un giovane senza lavoro manca di certo qualcosa, come ad una persona alla ricerca di un affetto.
C’è una parte della vita dedicata all’edificazione delle condizioni di base necessarie per realizzare il proprio cammino esistenziale.
Saggezza vorrebbe che una società fosse ordinata in modo tale da facilitare a tutti i suoi membri l’accesso alle condizioni di base per potersi avviare nella vita, ma da questo siamo ben lontani e non a caso, ma per puro e semplice egoismo di molti.
Comunque, nelle vite meno tormentate, viene un giorno in cui quelle condizioni sono realizzate e la persona ha una stabilità di fondo.

continua..