Dal vangelo di Tommaso: 12. In questi giorni in cui voi vi nutrite di cose morte, le rendete cose di vita: che farete quando sarete nella Luce, nel giorno in cui, essendo uno, diverrete due? Quando diverrete due, cosa farete¹?
1- I Philosophumena IV 8, 31, dicendo che i naasseni consideravano «cose di vita» la ragione e l’intelligenza, ci aprono uno spiraglio per intendere questo passo: se la conoscenza di verità inferiori (cose morte) nutre la mente umana, che non avverrà all’uomo perfetto che potrà nutrirsi di verità superiori? Per una certa analogia, cfr. Jo. III 12: «Se non mi credete quando vi parlo di cose terrene, come crederete se vi parlerò di cose celesti?» Per la seconda parte, occorre tener presente ciò che sarà spiegato più avanti, al § 35, e quindi: quando il solitario in cerca di Dio si unirà ad un altro solitario verrà realizzato il primo grado dell’unita o Chiesa perfetta.
Traduzione e commento M.Craveri, I vangeli apocrifi, Einaudi, pag. 486
unità
La contemplazione del Dio vivente e la conoscenza di sé
1- Appunti dopo la riflessione contenuta nel post Alcune parole su questo pontificato.
Dal vangelo di Tommaso (il testo integrale):
2. Gesù disse: Colui che cerca non cessi di cercare, finché non trova e quando troverà sarà commosso, e quando sarà stato commosso contemplerà e regnerà sul Tutto.
3. Gesù disse: Coloro che vi guidano vi dicono: “Ecco! Il Regno è nel cielo”, allora gli uccelli del cielo vi saranno prima di voi. Se essi dicono: “Il Regno è nel mare”, allora i pesci vi saranno prima di voi. Ma il Regno è dentro di voi ed è fuori di voi. Quando conoscerete voi stessi, sarete conosciuti e saprete che siete figli del Padre Vivente. Ma se non conoscerete voi stessi, allora sarete nella privazione e sarete voi stessi privazione.
(Marcello Craveri, I vangeli apocrifi, Einaudi, pag. 484)
Stati e stadi dell’esperienza spirituale e del cammino interiore
Il nostro orizzonte esistenziale e spirituale
Vi propongo queste parole del Cerchio Ifior che mirabilmente esprimono il senso compiuto del procedere interiore e l’approdo nell’esperienza dell’unità.
Quando comprenderò con tutto me stesso che «Tutto È Uno»
che sarà di me, Padre?
Moti
Tu non avrai più la tua famiglia,
ma ogni uomo, animale, pianta, cristallo
sarà un membro della fratellanza universale.
Appunti sull’illusione del monaco
Tratteggio di seguito alcune considerazioni stimolate dalla lettura del libro: Il cammino del monaco, Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose: sono solo appunti e come tali vanno considerati.
1- L’illusione di poter dedicare l’esistenza a Dio, l’amato. L’esistenza è già di Dio, chi la dedica a chi?
Il monaco dedica la propria vita all’incontro con Dio ma, bisogna precisare, l’artefice dell’incontro non è il monaco, è Dio: quello del monaco è un movimento di apertura, di svelamento, di accoglienza, di resa non di conquista.
Dio non si possiede, si è da Lui posseduti; non lo si raggiunge, si è raggiunti; non lo si conosce, si è conosciuti.
La pretesa della propria unicità
[…] “In quei momenti, in quei rari, rarissimi momenti,
io riesco per un attimo a trovare veramente in me il senso dell’umiltà:
allorché mi sento sperduto, piccola goccia di colore anonima
– ma non per questo meno importante – sulla grande tela che Tu,
con infinita pazienza, costanza e bontà hai creato.” Fonte
Ricorrono due espressioni:
– il senso dell’umiltà;
– l’importanza pur nell’irrilevanza.
Il mare è uno, calmo o agitato che sia
Le menti vivono nell’opposizione e nella divisione e quindi dicono: “O bianco o nero, o divenire o essere!”
Considerano che l’essere sia la fine del divenire, si spaventano e tornano sul terreno che a loro pare più sicuro, quello che controllano, quello del divenire.
Dice Leonardo: “Allentata la presa, essere e divenire, immobilità ed operare sembrano non essere più alternative duali, piuttosto le due parti che formano un’onda: il divenire è l’emergere dell’onda, la cresta; l’essere è lo sprofondare dell’onda nella vastità, il ventre.
Continuo ed ininterrotto è il passaggio tra le due fasi.”
Così è e non poteva essere detto meglio.
Misticismo, religione, sentire
Misticismo, religione, sentire. Dizionario del Cerchio Ifior
Secondo le Guide il misticismo è uno stato di coscienza, «è», semplicemente, senza un perché e senza un percome.
Proprio per questo motivo risulta difficile definirlo con precisione. Certamente non è, per forza di cose, il parlare con aria ispirata di Dio, della Madonna, dei Santi e via dicendo: troppo spesso si sente qualcuno definirsi tendente al misticismo perché è (o si ritiene) molto religioso.
A ben vedere il misticismo con la religione non ha necessariamente un legame di qualche tipo, è più avvicinabile al senso di religiosità che l’individuo sente in sé (aldilà di qualsiasi etichetta religiosa di qualsivoglia tipo) nel momento in cui sente fluire dentro di sé l’essenza del divino.
Messaggio esemplificativo (1)
Le religioni sono molte sul vostro pianeta. Sono state molte e restano ancora molte oggi. Il Cristianesimo indubbiamente è una delle religioni più dolci che siano esistite, una delle religioni più belle, con gli insegnamenti più facili da comprendere da chiunque, proprio perché esposti, all’origine, in una forma adatta alla semplice cultura delle persone che ascoltavano. Ed è bello per questa sua semplicità. Purtroppo, ahimè, si è trasformata col tempo in una religione che di semplice non ha più nulla. Non soltanto, ma il pastore di pecore è diventato col tempo un guerriero di Dio. Avete mai pensato a questo, creature? La religione cattolica ha fatto diventare l’insegnamento di pace, di fratellanza e di amore universale qualcosa che mette, invece, in mano ai suoi fedeli delle armi per combattere, per combattere gli altri, le religioni dissidenti, per combattere (che so io) anche soltanto Satana, questa ipotetica figura che, una volta ogni tanto, in qualche mente senile, per essere gentili, si ripresenta all’umanità.
Voi direte: ci sono problemi e difetti anche nelle altre religioni! Certamente, questo è fuor di ogni dubbio. Tuttavia le altre religioni hanno un pregio che la religione cristiana attuale non è riuscita a mantenere, ovvero la semplicità. Pensate alle altre religioni che esistono, quelle quanto meno di un certo valore spirituale, e vedrete che nei secoli e nei millenni sono rimaste costanti nel loro presentarsi al mondo, non hanno mai avuto l’ansia di fare grandi proselitismi, di arrivare in qualche modo ad essere le uniche depositarie della verità.
Solo per questo, creature, e anche per il fatto che, culturalmente, è la religione più vicina a tutti voi, mi soffermo spesso a indicarvi certe cose ironico-divertenti che qua e là costellano il cammino dell’attuale cristianesimo, diciamo così, anche se ormai chiamarlo cristianesimo forse non potrebbe neppure avere più tanto senso. Scifo
Nel venirvi a parlare di Dio noi non vogliamo indurvi ad essere forzatamente mistici: il misticismo è qualche cosa che l’individuo ha al suo interno ad un certo punto della sua evoluzione. Ed è tanto facile, invece, volersi convincere a tutti i costi di essere mistici, e, quindi, dimenticarsi che la propria realtà e la propria evoluzione, di mistico non possiedono ancora quasi nulla.
Quanti uomini si nascondono dietro parole che ritengono divine o sante, e dimostrano ad ogni piè sospinto che queste parole servono loro soltanto come scusa, come paravento per giustificare quelle che sono le loro passioni.
Il vero mistico è colui che non ha bisogno di parlare, di dire, perché si sente già talmente unito a Dio che ogni suo atto, ogni sua espressione, ogni suo modo di essere, anche un suo silenzio, parlano da soli. Rodolfo
Poi, in fondo, se è vero, fratelli, che Dio esiste in tutta la realtà che vi circonda, e se è vero che misticismo significa sentire un afflato insopprimibile verso la divinità, allora bisogna anche comprendere che il mistico può anche essere semplicemente una persona che ama la vita, ama la realtà, ama i suoi simili, ama ciò che lo circonda, dalla più piccola cosa alla più grande, in quanto, amando tutte queste cose, in realtà, egli già ama Dio, egli già manifesta il suo misticismo. Billy
Se, nei secoli, nei millenni dell’uomo, tutti coloro che hanno parlato di Dio facendo spesso una grande confusione tra Dio e le religioni, se tutti costoro, dicevo, fossero stati veramente dei mistici, certamente il loro esempio sarebbe stato tale da modificare radicalmente la vostra società. Ben pochi, invece, nei secoli, sono stati coloro che veramente vivevano un vero misticismo.
Queste poche persone, questi pochi individui, questi pochi esseri che sono diventati talmente famosi da essere conosciuti dall’intera umanità, sfuggono in realtà alla comprensione di coloro che si accostano a ciò che essi sono stati.
Comprendete figli che il vero misticismo, il vero sentirsi attratti in modo quasi insopportabile dal richiamo di Dio, non può essere veramente compreso se non da chi, lui stesso, avverte lo stesso richiamo. Certo, chi osserva il vero mistico può restare colpito dalle sue parole, dalle sue espressioni, da quell’atmosfera di dolcezza che magari emana intorno a sé, tuttavia non può parteciparvi, può soltanto, come quasi sempre succede, cercare di imitarla nella speranza più che altro di essere considerato alla stessa stregua di coloro il cui giudizio gli importa.
È per questo motivo che il misticismo, in fondo, non viene mai veramente compreso ed anche coloro che cercano di studiarlo proprio per il fatto di avvicinarsi ad esso razionalmente, di comprendere razionalmente ciò che razionale, secondo la razionalità umana, non è, non potranno mai arrivare a classificarlo e a comprenderne la vera essenza. Moti
“Benedetti coloro che hanno conosciuto la propria irrilevanza”
Beati gli umili: di essi è il regno dei cieli. Matteo 5,3. Traduzione Giuseppe Barbaglio. I vangeli, Cittadella Editrice.
Beati i poveri davanti a Dio, perché di essi è il regno dei cieli. Matteo 5,3. Traduzione di Secondo Migliasso. I vangeli, Oscar Mondadori.
Felici i poveri secondo lo spirito perché di loro è il regno dei cieli. Matteo 5,3. Traduzione letterale di Armando Vianello. Azzurra 7 Editrice.
Felici i poveri perché vostro è il regno di Dio. Luca 6,20. Traduzione letterale di Armando Vianello.
La solitudine relativa nel cammino di unificazione
Andiamo incontro allo scomparire della nostra egoità da soli e non ci portiamo niente e nessuno appresso.
Alla fine del cammino siamo nudi e poveri:
poveri di presunzione, poveri di potere, poveri di orpelli.
I molti, o pochi, affetti di una vita sono lì, ma non sono abiti di cui ammantarci: li indossiamo come abiti da lavoro, con la stessa naturalezza; sono parte del cammino, ed anche sua sostanza, ma non sono oggetto di attaccamento e non conferiscono appartenenza ed identità.