La vita interiore del monaco dal bisogno al suo superamento

Se parlo a persone comuni, uso termini e concetti comuni. Se parlo a persone che dedicano la propria vita al processo di unificazione interiore, a dei monaci, uso concetti e parole coerenti con la radicalità di quella disposizione.
Non c’è umano che non abbia da affrontare del non compreso, dunque non c’è persona che non percorra la via del “conosci te stesso” in modo consapevole o inconsapevole.
Ad alcuni basta quella via e il loro cammino è all’interno del paradigma psicologico-esistenziale: ad altri non basta.

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L’assenza di frattura interiore e l’esperienza unitaria

C’è una condizione interiore, prima che prenda forma l’esperienza dell’unità, in cui si configura chiaramente la consapevolezza che non c’è frattura: l’essere tuo non è diviso, non conosce la separazione e la frantumazione che si produce tra l’intenzione e il manifestato.
Questo è possibile perché non c’è desiderio, né bisogno, né ricerca di appagamento.
Da questo silenzio di sé germoglia l’esperienza unitaria.
Dunque non c’è frattura perché non c’è definizione di sé: come questa s’affaccia, ogni unità scompare.

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Contemplare l’accadere come Ciò-che-è (La disposizione interiore unitaria 7)

7- Salire sul monte, contemplare l’accadere come Ciò-che-è

Il gesto del salire sul monte corrisponde ad un tirarsi fuori da un groviglio, dal rumore di sé, dall’eccesso di sé che, forse, oramai possono essere lasciati alle spalle: salendo il sentiero del sentire, lo sguardo della comprensione si amplia, il respiro del vivere è più pieno. Ciò che affollava la mente e lo sguardo, ora, passo dopo passo si allontana  e possiamo risiedere in uno stato a noi più naturale.

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Sviluppare lo sguardo del genitore (La disposizione interiore unitaria 6)

6- Sviluppare lo sguardo del genitore che osserva la processione dei fatti, sa intervenire e sa astenersi

Il genitore vede ciò che il figlio adolescente non vede. Perché? Perché il figlio vede sé, i suoi bisogni, le sue necessità espressive al centro e il mondo come periferia, un luogo indefinito da usare, o da temere.
Un genitore dovrebbe vedere sé e i propri figli incastonati nell’organismo mondo, ciascuno con la propria funzione e necessità esistenziale.

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La disposizione interiore unitaria 1: non giudicare i fatti

Quello che segue, e gli altri sei post che ad esso saranno collegati, sono la sintesi del Sentiero contemplativo e della Via del monaco, la conciliazione tra le logiche del divenire e quelle dell’essere, tra l’esserci come identità e il suo scomparire.
Vi invito a leggere con attenzione i testi, a ruminarli e a contemplarli: una lettura superficiale non estrarrà l’intima natura e funzione di questi contenuti, quella di accompagnare consapevolmente e vibratoriamente incontro a sé e all’unità d’essere.

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L’illusione, la centralità e la dimenticanza di sé

Un’amica mi ha chiesto qualche settimana fa di parlare dell’illusione: ho appuntato allora delle idee e poi ho aspettato per trattare il tema, volevo che parlasse anche ad altre persone allora disorientate da alcuni eventi, oggi forse più orientate.

L’illusione nasce nell’eccesso di centralità di sé
La centralità di sé è centralità del proprio punto di vista, della propria interpretazione, del proprio bisogno.

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L’unità non è tra noi e l’Assoluto, è Unità e basta

Vi propongo una riflessione sulla condizione unitaria d’essere: forse vi risulterà un po’ complessa e magari anche astratta, ma vi prego di meditarla accuratamente: meditandola oltre la mente, vi dischiuderà un mondo nuovo che non parla del conosciuto, ma di un possibile sentito.
Qui viene indagata un’esperienza interna alla natura di Colui-che-è, abbandonando ogni visione antropomorfica dell’Assoluto.

La Via del monaco è un cammino per coloro che si sentono pronti per affrontare in modo consapevole il processo di unificazione interiore.

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Lo sguardo che contempla l’Uno: la ricerca e la fine del cercare

Commenta Alessandro al post del CI, L’illuminazione:
Ho passato tanti anni a scalpitare scavando senza fine nel terreno per fare un pozzo che arrivasse alla vena d’acqua, ma nessuno di questi era sufficientemente profondo.
Ora ho lasciato perdere tutto e bevo l’acqua delle pozzanghere.
È una agonia questa sensazione che nulla in fondo vale la pena, e nello stesso tempo non avere questa fusione di cui parlano le guide.
Non potendo uscire da questo limbo, né potendo tornare indietro, mi sento un somaro che non ha più la sua carota davanti e si carica da solo sulla groppa il suo carico sapendo che quello gli tocca.

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Il Dio senza volto e senza nome incontrato nel sentire

Quando l’umano è nel bisogno forte ed urgente, si rivolge ad un Dio che diviene per lui un interlocutore definito, un Tu che prende forma nell’urgenza esistenziale del momento.
Quando quell’urgenza non c’è e l’interiore è disteso, la persona che non ha ricevuto una educazione religiosa tradizionale, sfuma quel Tu e i suoi contorni si perdono.

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Ascoltare con l’insieme unitario dell’essere

Generalmente non ascoltiamo; quando lo facciamo, il nostro è, molto spesso, un ascolto cognitivo.
Esiste un altro modo, molto diverso, di ascoltare: con l’apparato sensoriale, con quello emozionale, con la disposizione affettiva, con il pensiero, con il sentire.
È cioè possibile ascoltare con l’insieme dell’essere, sintonizzandolo come fosse un ricevitore radio, cogliendo l’intera banda delle frequenze che giungono e lasciandole risuonare in sé.

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