Volontà, identificazione, disconnessione

Molte domande pone Ivana nel suo commento al post Quando non coltiviamo più il lamento:
“1- Cosa intendi quando dici che di noi non ne sarà niente, perché non ci saremo più allora?
2- Come si esce dal bisogno di apporre etichette, ecc. , cosa vuol dire se siamo pronti?
3- Non possiamo agire in qualche modo per poter essere pronti?
4- Secondo te possiamo o no cambiare i nostri pensieri in merito al lasciare andare i nostri bisogni?  
5- Come si acquisisce la capacità di osservare e lasciare andare?

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La volontà di Dio e il pane quotidiano

Un tempo l’umano credeva che le forze delle natura esprimessero la volontà di Dio.
Oggi, ad esempio, crede che una guarigione inspiegabile sia dovuta all’intervento divino.
E’ sbagliato questo credere? Dipende.
Se l’umano ritiene che all’origine di tutta la manifestazione ci sia l’intenzione divina e quindi ogni fenomeno ed ogni fatto non siano altro che la rappresentazione di quella intenzione, direi che c’è poco da obiettare, semmai c’è da intendersi.

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La meditazione senza scopo

Questa riflessione parte da un commento al post sulla meditazione quotidiana.
Quando si inizia a praticare la meditazione esiste sempre uno scopo, un obbiettivo. Dire che questo è nell’ordine delle cose: un bambino desidera divenire grande; un operaio fare lavori più creativi e gratificanti.
Un ricercatore dell’interiore desidera migliorare se stesso, cambiare, magari scomparire ma, comunque, desidera.

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Sentire, non-azione, silenzio

La prevalenza consapevole del sentire genera non solo la condizione di non-azione, ma anche un sostanziale ammutolire.
All’ampliarsi del sentire corrisponde ineluttabilmente un affievolirsi dell’esercizio della volontà, un venire condotti nell’azione e  nella presenza e un altrettanto ineluttabile affermarsi del senso della propria marginalità nel mondo, che induce alla discrezione, al fare un passo indietro, al tacere tutte le volte che la vita non ci indica diversamente, e anche quando sembra non ci sia alternativa al dover dire, la nostra parola si fa prudente e discreta. 

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la vita è un film

Tutta la realtà è una proiezione della coscienza

Qui trovate un compendio dell’escatologia cristiana: a noi sembra che, non avendo l’autore dell’omelia altro paradigma che quello della propria fede, mostri una difficoltà nel scendere nella profondità del simbolo che le stesse scritture a lui sacre gli aprono.
Tutta la realtà è simbolo e tutta parla dei processi dell’interiore: personali, individuali, collettivi.

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