La contemplazione non è una pratica

La meditazione è, frequentemente, una pratica, la contemplazione è una disposizione dell’essere a volte interna alla stessa pratica meditativa.
Il sentire genera la disposizione contemplativa e permea i suoi corpi di questa informazione, la loro consapevolezza è pregna di esso.

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Non si può produrre più alcun male [Antai-ji18]

Kōshō Uchiyama rōshiDiscorso d’addio ad Antai-ji.
Riguardo allo zazen, davvero un minuto seduto, un minuto Buddha, per cui anche sedere un minuto, è cosa ottima. Non c’è assolutamente una misura da raggiungere altrimenti non ci siamo.

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Bisogna sedere tacendo perlomeno dieci anni [Antai-ji17]

Kōshō Uchiyama rōshiDiscorso d’addio ad Antai-ji.
Dello zazen si dice: “Un minuto seduto, un minuto Buddha”, ma capirlo come volesse dire che se siedi per un po’, sei un po’ Buddha è eccentrico. Un po’ Buddha non va bene. Non è così. Non è sbagliato dire “un minuto seduto, un minuto Buddha”: è la base per sviluppare l’intenzione di sedere tanto e bene.

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Zazen all’Eremo dal silenzio a San Costanzo (PU)

La pratica quotidiana dello zazen all’Eremo del silenzio è personale; ugualmente personale è la pratica quotidiana dei membri della comunità monastica diffusa.
Ogni mese la comunità si incontra per praticare assieme e coloro che lo desiderano possono aggiungersi.
La pratica inizia alle 16 e termina alle 19. È necessario prenotarsi.

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Voto e pentimento, ‘me originario’ e ‘io’ [Antai-ji11]

Kōshō Uchiyama rōshiDiscorso d’addio ad Antai-ji.
[…] Fintantoché siamo vivi, che ci pensiamo oppure no, siamo il me originario ma, nello stesso tempo, abbiamo il karma di produrre molteplici illusioni, ed è un fatto reale che non ci possiamo separare dall’idea che abbiamo di noi come io che esiste di per sé, come ente autonomo.

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Tutti e tutte le cose non sono altro da me [Antai-ji10]


Kōshō Uchiyama rōshiDiscorso d’addio ad Antai-ji.
Un termine che Dōgen nello Shōbōgenzō mette sempre in evidenza è jin: una piccola parola dai molteplici significati, perché esprime il senso di andare fino in fondo senza residui, esaurire senza lasciare niente, arrivare al non plus ultra.

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Cos’è il volto originario? [Antai-ji9]

Kōshō Uchiyama rōshiDiscorso d’addio ad Antai-ji.
C’è un kōan che parla del mio “volto originario prima nella nascita di mio padre e mia madre”: verrebbe da pensare allora che ci sia qualcosa di speciale che sarebbe questo “volto originario”, ma non è così. È semplicemente lì dove è aperta la mano del pensiero. Nessuna speciale misteriosa frontiera o sembianza.

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